Esce il 2 agosto al cinema Amiche di sangue, scritto e diretto da Cory Finley, al suo incredibilmente brillante esordio alla regia. Protagoniste di questa riuscita black comedy – che è anche un thriller psicologico, che è anche una rivisitazione in chiave noir dei teen-movie – le attrici Anya Taylor-Joy (The Witch) e Olivia Cooke (Ready Player One). In un ruolo minore, che purtroppo è stato anche l’ultimo della sua breve carriera, Anton Yelchin, il Pavel Checov del reboot di Star Trek, tragicamente scomparso quattordici giorni dopo la fine delle riprese in un singolare incidente d’auto che forse alcuni ricorderanno (schiacciato nel vialetto di casa dal suo stesso SUV, da cui era sceso per chissà quale motivo).
Amiche di sangue
Dopo aver intravisto Amanda (Olivia Cooke) con il suo cavallo – scena che comprenderemo solo in seguito-, la ritroviamo nella lussuosa dimora di una sua coetanea, Lily (Anya Taylor-Joy), per apparentemente ripetere insieme la lezione. L’atmosfera e i dialoghi tra le due teenager sono alquanto singolari, e non è dato di capire da subito quale strano rapporto le leghi.
Lily pare tra l’intimorito e l’affascinato nei confronti di Amanda, che le confessa candidamente di non provare, da sempre, nessun tipo di sentimento, di essere soltanto diventata “brava a imitare quelli degli altri”. La sua psicoterapista è passata da considerarla bordeline, a gravemente depressa, a “personalità antisociale con tendenze schizoidi”, saltando da una categoria all’altra del DSM-5, a detta della ragazza.
Amanda è lucida, disarmante e sconvolgente nella sua consapevolezza: sa che in realtà è stata sua madre a convincere Lily – pagandola – ad avere un appuntamento con lei, sperando che questo l’aiuti a riallacciare i rapporti con persone della sua età. Piano piano scopriamo che le due ragazze erano amiche di infanzia, che si erano perse di vista dopo la morte del padre di Lily; che ora Lily vive con la madre e il patrigno, Mark (Paul Sparks), che lei tollera a fatica; che entrambe sono di ricca famiglia e che, nel passato, avevano condiviso la passione per i cavalli.
Un avvenimento non del tutto chiarito che ha a che fare proprio con i cavalli è stata la causa scatenante dell’allontanamento di Amanda da parte del resto della comunità e, nel contempo, dell’interesse crescente di Lily nei suoi confronti.
Se all’inizio ha accettato di essere pagata per passare del tempo con lei, progressivamente il loro legame si consolida, e le loro differenze si assottigliano. Amanda le insegna “la Tecnica”, il modo in cui lei riesce a simulare il pianto a comando, e continua a spiazzarla con le sue affermazioni prive di ogni filtro o remora morale. Quando ancora una volta il patrigno di Lily la infastidisce, Amanda le chiede pragmaticamente se ha mai pensato di ucciderlo. E qui l’amicizia tra le due ragazze prende una piega decisamente più dark.
Un thriller psicologico elegante e inquietante
Amiche di sangue trasporta il teen movie incentrato sull’amicizia tra due ragazze a tutto un altro livello: interamente giocato su dei dialoghi scritti alla perfezione e su una serie di non detti che lo spettatore deve riuscire a intuire, il film è girato quasi come un’opera teatrale, con molti interni e molte scene a due.
Le protagoniste, entrambe ragazze fortemente disturbate, esibiscono una freddezza disorientante, che angoscia come solo la psiche perturbata di un bambino o di un adolescente sa fare. La patologia di cui entrambe soffrono, anche se nel caso di Amanda, in modo più apertamente riconosciuto (e forse, alla fine, meno radicato della sua “socia”), in quello di Lily meno inizialmente palese, è una di quelle patologie misteriose che insieme inquietano e attraggono: la psicopatia.
La bravura di Cory Finley è nella modalità con cui ce la introduce progressivamente: da due ricche ragazze vagamente annoiate che si incontrano per ripassare insieme una qualche materia scolastica si vira impercettibilmente ma senza possibilità di errore verso una sempre più evidente follia. Ma una follia non platealmente mostrata, ma compostamente e freddamente lasciata trapelare da discorsi che diventano sempre più piani criminali, da pensieri espressi liberamente che agghiacciano proprio per l’essere senza alcun filtro né rimorso. Da un’assenza totale della benché minima empatia che sconcerta e nello stesso tempo mantiene con il fiato sospeso.
Il personaggio di Tim, interpretato dal compianto Anton Yelchin, cui il film è stato dedicato, ha fondamentalmente la funzione di evidenziare ancora di più la perversione delle due angeliche ragazze. Lui, lo spacciatore di droga più grande che fa la posta alle feste dei ricchi teenager per cercare di vender loro qualche blando stupefacente, si rivela più “umano” delle due impassibili protagoniste, che contano di coinvolgerlo nel loro piano per non doversi sporcare in prima persona le mani. Nel momento in cui il “gioco” si fa serio, e una delle due perde per un attimo il suo sangue freddo, lui tenta di fare il duro, venendo letteralmente messo al tappeto dall’altra e dimostrandosi il bluff che è. Ferito, non solo nell’orgoglio, Tim inizia a piagnucolare e a preoccuparsi di come poter giustificare il suo ritardo al padre, con cui ancora convive.
Mentre colui che agli occhi di tutti dovrebbe essere il criminale getta la maschera e ritorna sulla retta via, le due ragazze imboccano con sempre maggior convinzione il percorso intrapreso. Se al principio abbiamo incontrato Lily intenta a “educare” Amanda, facendole ripassare la lezione, nel corso di Amiche di sangue è Amanda che lentamente educa Lily. O meglio, le permette di tirare fuori la sua vera natura, che forse lei aveva sempre intuito essere dentro l’amica celata. Ad un certo punto le dice che certo, l’empatia non è mai stata il suo forte, e che forse non sono poi così diverse, loro due. Sullo sfondo, scene di vecchi noir scorrono sulla tele, mentre le due ragazze – gli sguardi vuoti e i visi privi di emozione – procedono a scambiarsi battute che suonano sinistre per il loro pragmatismo implacabile ma anche intriganti per la loro assenza totale di ipocrisia .
Amanda in qualche modo sceglie Lily per passarle il testimone, per aiutarla a tirare fuori la sua vera essenza. I cavalli del titolo originale, Thoroughbreds [purosangue], restano sullo sfondo, nell’immagine iniziale, nella similitudine finale (in cui si sogna un mondo liberato dalle vanità umane e governato solo dai cavalli di razza), nel passato comune di cavallerizze di Amanda e Lily. Forse nel paragone con quel purosangue che ha dovuto essere sacrificato, per una caduta di percorso. Per quella capacità di Amanda di fare quel che va fatto, costi quel che costi. Quell’ingiustizia che alla fine regna sovrana – e impunita.
Bilancio finale di Amiche di sangue
Opera prima degna di nota, una dark comedy pura che approfondisce la psicologia delle due protagoniste con una precisione e una bravura davvero rara. Inizia lento, e lo spettatore impaziente potrebbe farsi fuorviare dalle chiacchiere non subito comprensibili tra le due ragazze. Ma quasi subito gli indizi lasciati qua e là prendono forma e compongono i pezzi di un puzzle che tiene alta l’attenzione e la curiosità di comprendere come vada a finire. I dialoghi hanno una crudezza e un cinismo che sconcerta e diverte insieme, e sono scritti egregiamente. Insomma, l’intero film è una piacevole sorpresa e vale decisamente la pena.