Siete pronti ad un viaggio alla scoperta del più grande polmone verde del pianeta? Il 3D e tutte le sue ingombranti macchine da presa sbarcano in Amazzonia.
Amazzonia 3D
Questo è il primo film girato con questa nuova (?) tecnologia nella più grande foresta della terra. Non è il classico documentario ma più che altro una docu-fiction. A tutta la parte documentaristica, fatta di splendidi paesaggi e animali mai visti, c’è un filo conduttore scritto proprio in fase di sceneggiatura. Un aereo precipita nel bel mezzo della foresta e con esso anche uno dei suoi passeggeri: la scimmia cappuccino Sai. E’ un animale cresciuto in cattività e conseguentemente ora si trova in un mondo del tutto sconosciuto. Ma soprattutto pieno di insidie. Una totale libertà a cui non era mai stato abituato. E così sarà ora costretto a procurarsi del cibo e difendersi dal ricchissimo habitat, floristico e faunistico, della giungla. Il cast è ricchissimo, in quanto comprende migliaia tra specie animali e piante. Animali non ammaestrati e quindi filmati nella loro spontaneità. Avremo l’opportunità di vedere “da vicino” esseri viventi di cui probabilmente ignoravamo la conoscenza. L’insetto foglia, delfini rosa, coati e il gufo dagli occhiali sono solo alcuni degli esempi.
Nessun dialogo nel film, l’unica voce umana che sentiremo sarà la voce fuoricampo di Alessandro Preziosi che interverrà in pochi e brevi momenti. Per la maggior parte del tempo sentiremo solamente i suoni emessi dall’ambiente circostante. E nella foresta Amazzonica non mancano mai i rumori di sottofondo. Sicuramente un gran bel lavoro tra il compositore delle musiche e i tecnici del suono.
Il film è uno splendido inno a madre natura, divertente e didattico, ideale da vedere in famiglia. Si rimane incantati davanti a sontuose cascate o nello scorgere come il sole si ritagli spazi tra la fitta vegetazione. Incantevole anche vedere cosa accade nei sei mesi dell’anno in cui gran parte della terra viene sommersa dall’acqua, quando la pioggia aumenta la portata dei corsi d’acqua. Non manca nel finale un messaggio sul rischio che questo nostro grande patrimonio, il cosiddetto polmone della terra, stia correndo. Un bene inestimabile messo a repentaglio dall’avidità umana. Il 3D ad un contenuto del genere può sembrare quasi d’obbligo affinchè lo spettatore possa sentirsi realmente immerso in quello che è un posto raramente meta dei nostri viaggi. Ma di questo presunto valore aggiunto solo occasionalmente ci si rende conto.
Il regista, il francese Thierry Ragobert, ha una lunga esperienza in campo documentaristico. Nel 2006 ha anche co-diretto The white planet, una produzione che raccontava un anno di vita nell’Artico. Il film è costato diciotto mesi di riprese ed è ispirato dal libro “Amazzonia, la vie au coeur de la foret” di Johanne Bernard, qui anche co-sceneggiatrice. Premio Ambiente WWF all’ultima Mostra del Cinema di Venezia.