Con Il cattivo tenente Abel Ferrara riscrive la storia recente del cinema, è l’anno 1992.
Sarà la dubbia fede del cattivo tenente, sarà il contrasto tra i valori cristiani e la vita dissoluta del protagonista, ma qualcosa di sovraumano si impadronisce della scena.
La trama in breve
Un Harvey Keitel straordinario è uno sbirro sui generis: incontra spacciatori, si fa di ogni tipo di droga, beve, va a puttane, scommette senza freni. Quando è in servizio cerca di raccattare soldi, droga e ogni altro genere di “premio produzione”.
Della sua vita privata balza agli occhi la solitudine che lo attanaglia, il nihilismo disperato che ne deriva e lo scarso attaccamento che ha verso le sue piccole bambine.
La ricerca di due criminali che hanno violentato una suora in chiesa, sembra un compito paradossale per il cattivo tenente; alla fine sarà un mancato tentativo di redimersi dai suoi peccati.
Una scena cult del film
Analisi del film
L’assenza di un intreccio narrativo lineare e pulito ricorda la struttura di altri film della New Hollywood, tanto per citarne uno Fuori Orario di Martin Scorsese, dove però la storia è ambientata in una sola notte. Tuttavia entrambi possono essere considerati dei manifesti del post-moderno nel cinema.
La regia è decisamente sopra le righe. Ferrara si scatena letteralmente quando entrano in gioco i simboli religiosi. La rappresentazione delle chiese e della Chiesa è maestosamente ironica. Sequenze memorabili e giochi iconografici proiettano ombre inquietanti che dal protagonista si riflettono direttamente sullo spettatore.
Sarà la dubbia fede del cattivo tenente, sarà il contrasto tra i valori cristiani e la vita dissoluta del protagonista, ma qualcosa di sovraumano si impadronisce della scena.
Il tenente, sempre superficialmente e “fottutemente” cattolico, si trova a dover affrontare faccia a faccia la religione, ma quella intima e vera. E sarà proprio il suo unico gesto con un minimo senso morale a fregarlo definitivamente.
Considerazioni conclusive
Con Il cattivo tenente Abel Ferrara riscrive la storia recente del cinema, è l’anno 1992. E’ caduto il muro di Berlino, sta per finire il lungo periodo dei repubblicani alla Casa Bianca, impazza il grunge dei Nirvana; i Led Zeppelin sono un ricordo abbastanza lontano eppure è la loro canzone Kashmir ad accompagnare le gesta di Harvey Keitel. L’attore, reduce dal successo de Le iene, dà il meglio di sè, imprimendo anche un vigore fisico importante al suo personaggio.
Il film è hollywoodiano nel senso migliore del termine, per il ritmo, per la memorabile ambientazione metropolitana e per il carattere maledetto dell’eroe/antieroe.