Un salto nel passato: A Spasso con i Dinosauri 3D

Tanto tanto tempo fa, in una terra lontana e glaciale, c’era un branco di triceratopi, un capo triceratopo e due figli triceratopini che crescevano insieme nel branco, migrando, crescendo e sopravvivendo

A spasso con i dinosauri: come eravamo

La preistoria del cinema è il nickelodeon, un tendone circense itinerante, dove  per un nichelino si poteva assistere al miracolo delle immagini in movimento, di contenuto rozzamente ridanciano. Sciami di redneck con grappoli di figli al seguito  affollavano le proiezioni, starnazzando, sgranocchiando, straripando.

2014, il presente del cinema è il multisala digital 3D, un capannone simil Bauhaus in zona metropolitana ottimamente collegata, dove per du’scudi e un paio di preziosissimi occhialini vintage bicolore si può assistere al miracolo dell’immagine tridimensionale. Sciami di pronipoti di quei redneck, con famiglie mononucleari, affollano le proiezioni, starnazzando, sgranocchiando, straripando. Inquadrato il contesto, ora il film. Io, redneck del Tavoliere, non sono da meno.

Rieducational Channel

A Spasso con i Dinosauri, ispirato filologicamente all’omonima serie documentaria del 1999, è una Produzione BBC Earth ed ha il lodevole intento di coniugare il puro intrattenimento prescolare con rudimenti di nozioni scientifiche e naturalistiche. Alle regia una coppia eterogenea:  Barry Cook, già regista del dimenticabile quanto politically correct Mulan, ma soprattutto Visual Animator del Tron primigenio, e Neil Nightingale,  specializzato in documentari. L’unione della rispettive competenze produce un cocktail di infotainment analcolico, a metà strada tra Alberto Angela e Vulvia (Sapevatelo !), a causa anche di una sceneggiatura troppo esile per sopravvivere tra questi bestioni primordiali.

 

Occhio al triceratopo

Percorrendo le trite tappe del bildungsroman a finale edificante, seguiamo la crescita di Patchi, triceratopo menomato ad un orecchio (arieccoci con il politically correct), dalla nascita alla maturità, attraverso la perdita del padre, la scoperta dell’amicizia e dell’amore, la fratellanza ed il senso di appartenenza, la conquista spontanea della leadership, con tempistiche scandite da un’incessante transumanza nord-sud e sud-nord del branco. Nulla di nuovo sotto il sole, anzi è tutto vecchio vecchissimo come un fossile, quindi atrofia mentale dello spettatore adulto, compensato tuttavia da una spettacolare stimolazione visiva, determinata da una grafica molto accurata e da un 3D quanto mai opportuno.

Mors tua, vita mea

A differenza dei grandi documentari BBC, e lo diciamo con rammarico, si assiste al tutto senza grande curiosità, non c’è possibilità di mimesi con questi pachidermi, perché nessuno di essi ha tratti psicologici marcatamente sviluppati e per di più solo alcuni sono dotati di voce (fuoricampo) antropomorfa, gli altri limitandosi al grugnito originario, ammesso che qualcuno abbia mai sentito e riprodotto il grugnito live del triceratopo.

D’altro canto, l’assenza di mimesi permette di rappresentare la natura come essa è, è stata e sarà sempre:, uno struggle for life di specie animali ( e vegetali), l’un contro l’altra artigliate, dove non ci sono né buoni né cattivi, solo erbivori, carnivori o onnivori.

Dikotomikosauro

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