50 sbavature di nero: voltiamo pagina?

Dopo la doppietta con Ghost Movie, Marlon Wayans torna sul grande schermo per parodiare il “film-evento” dello scorso anno Cinquanta sfumature di grigio, partendo dalla trovata scontata del titolo che incontra una delle tematiche del film, ovvero il gioco sul colore delle palle del protagonista e tutti i cliché che ne seguiranno. È in sala 50 sbavature di nero.

50 sbavature di nero

50 sbavature di nero

50 sbavature di nero

Il milionario Christina Black (Marlon Wayans; Ladykillers, Ghost Movie) introduce la timida universitaria Hannah Steele (Kali Hawk; Le amiche della sposa) al mondo dell’eros e del romanticismo, svelando un mondo surreale tra la madre razzista di lei, il fratello superdotato e la compagna di stanza ninfomane.

Strada nel vuoto

Giunto nelle sale americane lo scorso 29 Gennaio, 50 sbavature di nero si annuncia già come il più grande flop della filmografia di Wayans, con undici milioni d’incasso (ad oggi) negli Stati Uniti. Lo stesso Wayans protagonista dei primi due (volgari ma intelligenti) capitoli di Scary Movie nei panni dello strafumato Shorty, fratello del regista degli stessi film, filone che poi si era evoluto intelligentemente nei due capitoli successivi, perdendo la volgarità e la lettura superficiale tipica dei Wayans e acquistando nella costruzione di citazioni e parodie.

Se Scary Movie aveva sbancato i botteghini, (ri)lanciando un sottogenere, sentendosi padrone del genere horror in cui includeva film di ogni forma e provenienza con sapienza e reinterpretazione, Wayans (portandosi dietro alcuni produttori di quel franchise e con il regista Michael Tiddes) decide dunque di approfittare nel 2013 dei film mockumentary come Paranormal Activity con Ghost Movie e un seguito vuoto più del primo capitolo.

50 sbavature di nero

Una scena di 50 sbavature di nero

L’intreccio

Come già visibile in quella mera azione commerciale e di marketing e anche in questo film, la voglia di sfruttare il prima possibile un film-evento o di successo per “farci i soldi” ha portato Wayans e compagni a mettere insieme una sequenza di situazioni, rubando qua e là e incollando per raggiungere gli ottanta minuti canonici senza un minimo filo conduttore alla base, senza reinterpretare, senza lavorare sul linguaggio meta-cinematografico e il citazionismo intelligente che dovrebbe portare al demenziale e che risulta invece qui solo fastidioso, vuoto, fino ad annoiare, visto anche che già il film preso di mira, Cinquanta sfumature di grigio, era già di per sé un film molto comico e fuori dal reale.

Un po’ di Magic Mike, un po’ di Nymphomaniac, un pizzico di Django Unchained: in 50 sbavature di nero il surreale non si innesta con il reale, il clima è indefinito, il ritmo perde forma, la volgarità abbonda e il cliché inonda per un prodotto che voleva vincere facile ma che, fortunatamente, inizia ad avere risposta forte da un pubblico stanco dell’ovvio e che, diciamocelo, se proprio voleva farsi due risate, in questo caso, poteva anche rivedersi il film originale o leggersi i romanzi di E.L.James.

50 sbavature di nero

Una scena di 50 sbavature di nero

L’irriverenza di Wayans è ormai nota, come il marchio di famiglia, peccato che da molto tempo ormai non può essere comparata con l’aggettivo “qualità”, per quanto i suoi quaranta quattro anni potrebbero portarlo ad una maturità artistica senza ‘tradire’ il genere d’appartenenza ma, anzi, arricchendolo e stratificandolo per donargli nuova linfa vitale e una consistenza più marcata e duratura.

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