Tutta colpa di Freud: Amore e Psicanalisi

Ormai ha imparato a farsi conoscere Paolo Genovese, se non ancora con la macchina da presa di certo con la sua penna: i suoi sono film «dialogati», ricchi di parole edulcorate, di buonismo e scelte musicali emotivamente forti. Sono film che puntano al cuore, che non cercano risate grossolane e che “sfruttano” la potenza del cast corale alla ricerca del motivo per cui decidono di muoversi verso un personale percorso di crescita, quasi in un limbo creato dal regista stesso, che ne muove le fila. Questa volta siamo a Roma, una Roma colorata e vissuta lontana dall’anti-narrativa di Sorrentino o dal metalinguaggio usato nel precedente film di Genovese, Una famiglia perfetta: a capo di tutto un Marco Giallini maturo e posato, protagonista di Tutta colpa di Freud. Dal 23 Gennaio al cinema.

Trama

Francesco (Marco Giallini; Buongiorno Papà, Tutti contro tutti) è un’analista alle prese da tutta una vita con tre casi disperati: le sue tre figlie Marta (Vittoria Puccini; Acciaio, Magnifica Presenza), innamorata di un ladro di libri sordomuto (Vinicio Marchioni; Amiche da morire, Il sud è niente); Sara (Anna Foglietta; Colpi di fulmine, Mai Stati Uniti), una gay che decide di diventare etero; Emma (Laura Adriani; Multiplex, I Cesaroni), una diciottenne che perde la testa per un uomo di mezza età (Alessandro Gassman; Razzabastarda, Viva l’Italia).

Trailer del film:

In fondo all’anima

Era già chiaro tra i dialoghi più o meno comici di Immaturi e nella stessa costruzione di La banda dei Babbi Natale, le intenzioni che Paolo Genovese voleva comunicare, il suo modo di raccontare storie ma soprattutto personaggi. Parte sempre da uno spunto, da un’idea, più o meno originale. E non è poi la storia la cosa che più tiene o che maggiormente si ricorda dei suoi film ma soltanto l’idea da cui tutto si origina e i personaggi che la vivono e che grazie a quel’input affrontano un cambiamento che modifica il loro status.

Sicuramente riuscì nell’intento proprio con il primo Immaturi, sempre con un cast corale che poi decise di riproporre in un secondo episodio con esiti pressoché disastrosi. E poi la svolta, con Una famiglia perfetta, dove azzecca esattamente il mezzo con cui raccontare dei personaggi a suo modo, oltre a omaggiare brillantemente il mestiere e l’arte dell’attore in quanto persona e involucro di un personaggio: immette una serie variopinta di personaggi in lunghi dialoghi, tra dramma e sorrisi, parole edulcorate e moralismi, con alcuni accenni che virano al grottesco.

L’idea geniale, anche qui però, è quella di base: un uomo solo che affitta una compagnia teatrale a Natale. L’idea interessante è inserita nella provincia ma soprattutto ha una base di surrealismo che permette a Genovese sceneggiatore di armeggiare tranquillamente con dialoghi costruiti, reali o di finzione, parole edulcorate e messaggi tra le righe, moralismi e doppi giochi in quello che, probabilmente, è il suo lavoro più riuscito e di certo inaspettato.

Tutta colpa di Freud

Freud arriva ma diventa solo una scusa, un mezzo, per parlare d’amore e di tutte le sue sfumature. Anche qui ottimo l’incipit, molto americano, come il gruppo di attori coinvolto. Il problema è che, adesso che Genovese inserisce i suoi personaggi nel cuore di Roma e racconta storie che vogliono assolutamente aggrapparsi alla realtà e fare quasi da manuale nel rappresentare gli archetipi di amori e di persone che si possono conoscere, incontrare o scontrare, nella vita, sbaglia.

Sbaglia perché va a riempire vuoti (di sceneggiatura e costruzione narrativa) con parole, con il buonismo prevedibile, con frasi fatte, già sentite ed edulcorate che possono si riempire il cuore e che certamente, a mente svuotata da tutta i pensieri, si possono apprezzare e vi si può facilmente far coinvolgere ed appassionare.

Senza dubbio la commedia di Genovese è intelligente, mai volgare ne scontata nella ricerca di un sorriso. È un autore che deve ancora cercare una propria dimensione e che sicuramente in futuro potrà regalarci qualche storia di personaggi piacevoli, come fatto nel precedente film e che certamente (ma anche facilmente, si deve ammettere) si distingue dalla massa comune.

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