“Roba da matti” è un documentario, è un film e un regalo. Insomma, “Roba da matti” è bello, crudo, divertente, vero, tenero da “impazzire”. Un film assolutamente da vedere, un’esperienza assolutamente da vivere.
di Flaminia Padua
La disperata ricerca di una casa in un docu-film
Un regalo che il regista, Enrico Pitzianti fa al pubblico, mostrando una realtà a noi così vicina, ma anche così lontana. Come succede con tutti i film di spessore, questo apre gli occhi. Li spalanca e sussurra allo spettatore “guarda!”.
E lo spettatore non può che obbedire, ipnotizzato dagli occhi dei protagonisti, dai, cosiddetti, “pazzi”.
Il film parla di una casa in cui convivono, assistite, persone con dei disagi mentali, di uno sfratto e della conseguente ricerca di un nuovo alloggio. Il tutto tra uno scorcio di vita e l’altro dei nostri protagonisti: i “matti”.
Matti che hanno qualcosa in meno e qualcosa in più di noi. Di “meno” c’è il rispetto della gente chiusa e, perdonatemi, un po’ insensibile. Il “di più” è un “amplificatore”: infatti sullo schermo appaiono, in successione, immagini di emozioni “più”. I sorrisi sono più grandi, più aperti, più sinceri dei nostri; i pianti sono più disperati, più incontrollati.
E, forse, dovremmo imparare da loro, a vivere di più. Con più spontaneità, con più istinto.
Questo film ci ricorda cosa significhino “tenerezza” e “solidarietà” in un mondo caotico, colorato con gli acrilici dell’egoismo e della razionalità.
La lotta delle donne, la responsabile di “Casa matta” e le sue dipendenti, contro l’ingiustizia dei pregiudizi e di accuse crudeli, è commovente. E’ rara.
Il trailer del film
Tornando ai nostri protagonisti, bambini che piangono perché si sentono “in colpa” per qualcosa che con loro non c’entra nulla e, allo stesso tempo, saggi che parlano di “intuito fuori luogo”, spenderei una parola su ognuno di loro, ma non vorrei rovinarvi il piacere della scoperta. Sappiate solo che entrare in quella casa significa entrare nel cuore degli uomini: perché loro, le emozioni non le nascondono. Non le sanno nascondere. Ci provano, magari, abbassando la testa, spostando gli occhi, ma ciò che sentono è lì, scritto sul loro viso. Noi, noi “normali”, invece, siamo diventati bravissimi a nascondere e a nasconderci.
Il regista ha alternato la lacrima con la battuta. Ci ha fatto piangere, poi ridere, poi di nuovo piangere… e così via. Ci ha insegnato senza deprimerci. Senza pietismi, senza cattiveria.
Certo, la realtà che lui racconta è difficile e fa male. Chiude lo stomaco, ci fa scuotere la testa.
Ma poi, i “matti” alleggeriscono il tutto con un’ironia spiazzante.