E’ con molto piacere che ritroviamo ospite di questa rubrica il regista Renzo Carbonera presente alla 71° edizione della Mostra del Cinema di Venezia nello Spazio della Regione del Veneto con il suo nuovo cortometraggio La corsa di cui ci parla in questa intervista.
La corsa
Nikos ed Eleni sono due immigrati greci che si sono integrati in Italia. Il loro è un amore clandestino fatto di incontri brevi ed intensi. Nikos vorrebbe far tutto alla luce del sole ma Eleni è indecisa, lo ama ma ha paura di prendere una decisione…
Avevo già incontrato Renzo Carbonera in occasione della presentazione del suo corto La penna di Hemingway e, anche in quel caso, ciò che mi aveva più colpito era stato l‘uso studiato delle immagini per esprimere i sentimenti dei protagonisti. Anche ne La corsa infatti più che i dialoghi, pochi e brevi, quello che colpisce al cuore dello spettatore sono le immagini che riescono appieno a descrivere la passione ed il turbamento dei due amanti, interpretati splendidamente da Anita Kravos e Fabrizio Romagnoli, la voglia di vivere il loro sentimento e l’impossibilità di farlo.
Ma nel corto c’è anche altro: c’è un uso scorretto della denuncia di stalking, un punto di vista differente su una piaga del nostro paese di cui giornali e TV evidenziano solo i casi più spettacolari ma che spesso viene usata come arma ricattatoria. Un nuovo interessante lavoro del regista Renzo Carbonera che dimostra ancora una volta la maturità per effettuare il grande salto verso il lungo.
Le domande al regista Renzo Carbonera
Ciao Renzo, bentornato su cinemio. Soggetto e sceneggiatura sono tue insieme a Barbara Manni. Com’è nata questa storia e come l’avete sviluppata a quattro mani?
Barbara mi ha proposto il soggetto, ho visto subito che si poteva fare qualcosa di interessante ed originale. Insieme abbiamo sviluppato una scaletta, che prevede una costruzione un po’ complessa, tra ellissi, salti temporali, etc. Poi ho steso la sceneggiatura vera e propria ed i dialoghi ed infine ci siamo confrontati sulla versione definitiva.
Protagonisti del tuo corto sono Anita Kravos e Fabrizio Romagnoli: come li hai scelti e come hai lavorato con loro per la costruzione dei loro personaggi?
Con Anita ci conoscevamo già da tempo, è friulana come me. Mi sembrava la persona giusta sia come aspetto che come pregresso dei personaggi che lei ha sempre interpretato. Mi piace molto come interiorizza il personaggio, la sua tensione. Fabrizio invece lo conosceva Barbara Manni, ha lavorato spesso in Veneto. E’ un grandissimo professionista, molto preparato. Assieme a entrambi abbiamo lavorato molto alla psicologia dei personaggi. La figura femminile, infatti, era necessario che trasmettesse la sensazione di essere falsamente forte, cioè esteriormente forte ma interiormente molto fragile. Quella maschile invece è un po’ il contrario, apparentemente debole ma nella sua interiorità molto più sicura di se e di quello che vuole.
Musiche, montaggio e fotografia sono al servizio della storia e rendono appieno il senso di clandestinità del rapporto dei due protagonisti. Come hai lavorato a questi aspetti?
In primo luogo abbiamo deciso di dare un’ambientazione notturna ad ogni scena, proprio per sottolineare questo senso di clandestinità del rapporto. Anche all’inizio del film, le battute che si sentono in sottofondo sono tratte da “La Notte” di Antonioni, non a caso. Poi abbiamo ridotto al minimo l’uso delle musiche, giusto per il crescendo finale e per una scena di gruppo con musiche registrate live ad una festa greca. Il montaggio invece, per certi versi era già contenuto nella sceneggiatura, con la sua frammentarietà. Ovviamente qualcosa cambia sempre per ogni passo avanti che si fa nella realizzazione, ma ci è parso abbastanza naturale raccontare la crisi dei rapporti veicolata dalla storia tramite un montaggio un po’ “sincopato”.
Come sono andate le riprese del corto? Ci sono aneddoti che puoi raccontarci?
Nonostante io abiti in Veneto, a Vicenza, raramente lavoro qui. Quindi con la stragrande maggioranza della troupe non avevo ancora mai lavorato. E’ stata una piacevole sorpresa! Come sempre, in un corto i giorni di ripresa sono pochi, i ritmi serrati e le ore di lavoro moltissime. In più noi avevamo molte location, con spostamenti ogni giorno e l’ultimo giorno ci si è messo anche il maltempo, una costante di tutto il 2014. Nonostante tutto alla fine eravamo tutti soddisfatti … soprattutto del catering greco e della festa greca a base di retsina e ouzo.
Ed ora qualche curiosità: il corto propone una visione dell’accusa di stalking come strumento di difesa da parte delle donne. In un periodo in cui i diritti delle donne sono un tema molto sentito non credi di andare controcorrente?
Il corto vuole in primis affrontare il tema della “burocratizzazione” dei sentimenti, della nostra progressiva incapacità di risolvere problemi sentimentali senza un aiuto esterno, spesso e tristemente, senza le carte bollate. Quando Barbara mi ha proposto il progetto, si era già documentata molto sull’argomento. Abbiamo avuto contatti con il pubblico ministero Carmen Pugliese della procura di Bergamo, con l’Associazione Andromeda che fornisce aiuto psicologico e legale alle vittime di stalking, e che è diretta da alcuni firmatari della legge sullo stalking del 2009. Ne sono emersi dati sconcertanti, per esempio che l’anno scorso su circa 7.000 denunce di stalking, ben 5.500 non hanno avuto seguito, sono state ritirate o giudicate non vere.
I diritti delle donne sono un grande tema, per cui è neccessario combattere con fermezza, decisione. La violenza è una cosa che non deve esistere, e che per quanto mi riguarda andrebbe punita ancora più severamente. D’altro canto sono le donne stesse che si rendono conto che un abuso della legge sullo stalking possa rendere più difficile questa lotta, perchè rende più difficile riconoscere i casi di vera violenza dalle accuse strumentali. Noi vogliamo soffermarci su questa riflessione, credo si possa e si debba fare in maniera matura, per il bene di tutte e di tutti. Non è un caso che dopo la presentazione ufficiale alla Mostra del Cinema di Venezia siamo stati invitati a ripresentare il corto anche al galà della “Women’s Night” all’Hotel Excelsior del Lido, uno dei principali eventi di beneficenza al femminile che si tengono in Italia.
Come mai proprio la comunità greca? C’è qualcosa che ti lega a loro? Tra l’altro ci sono momenti nel corto in cui i due protagonisti parlano greco…
Volevamo immergerci in una comunità che sia al tempo stesso ben definita, con lingua e tradizioni, e ben integrata. Quella greca è forse l’esempio migliore, per affinità culturali con l’Italia da un lato, e dall’altro per l’attaccamento alle origini. Ci serviva dal punto di vista drammaturgico, per raccontare le pressioni e le difficoltà di un rapporto clandestino e della separazione… ma non fatemi dire troppo sulla storia!
Il tuo corto è stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia. Com’è andata? Qual è stato il riscontro di pubblico e critica che hai ottenuto?
Avevo paura che certi aspetti, come quelli a cui ho risposto qui sopra, non venissero capiti o comunque criticati. Invece l’accoglienza, anche su tutti i media, è stata molto buona. Viene visto come un punto di vista diverso, forse controcorrente come dici tu, ma sono contento che da tutte le parti si riconosca la necessità di un dialogo e non si veda la necessità di una levata di scudi. Le levate di scudi, secondo me, sono controproducenti e inutili. Sempre.
Per concludere uno sguardo al futuro: mentre ‘La corsa’ gira per festival c’è già un nuovo progetto nel cassetto?
La Corsa è stata, tra le tante cose, anche una specie di palestra per un progetto di lungometraggio, che sto preparando sempre con Anita. Posso solo dire che in questo progetto i ruoli sono capovolti rispetto al corto, e che la protagonista femminile è una “falsa fragile”, mentre i (molti) protagonisti maschili sono dei “falsi forti”.
Ringrazio Renzo Carbonera e gli faccio un grande in bocca al lupo per questo nuovo interessante progetto di cui spero di parlare presto in questa rubrica.
@foto di Antonio Rasi Caldogno