Regista cinetelevisivo e fotografo freelance, giornalista dal 2001, Emanuele Ruggiero lavora ormai da 20 anni nello spettacolo realizzando format televisivi, cortometraggi, documentari, videoclip musicali. Continua a leggere nel mio articolo tutti i dettagli.
Chi è Emanuele Ruggiero
Laureato al mitico Dams di via Guerrazzi, nella Bologna degli anni ’80 (come ci dice nell’intervista), Emanuele inizia la sua formazione a teatro, affiancando Giorgio Strehler, Luca Ronconi, Lamberto Puggelli, Carlo Battistoni al Piccolo Teatro di Milano, dal 1990 al 2000.
Regista – Lighting cameraman per The Survivors of the Shoah Visual History Foundation Institute di Steven Spielberg, 80 interviste all’attivo, Emanuele prosegue la sua esperienza al cinema con Silvio Soldini (Un’anima divisa in due) e Antonio Albanese (Uomo d’acqua dolce). Negli anni affianca diverse produzioni (tra cui Rai, Mediaset, Aran Endemol, Alto Verbano, TaoDue) e soprattutto collabora a stretto contatto con Mike Bongiorno ed i figli Michele e Niccolò, nella Bongiorno Produzioni. Da 10 anni lavora nel gruppo di regia del serial 100 Vetrine, una produzione Mediavivere.
Fonda nel 2005 la Kinovision, una sorta di Factory creativa, con la quale produce diversi progetti, tra cui il cortometraggio Il Lavoro di Lorenzo De Nicola, che vince diversi Festival fino ad arrivare in finale ai Nastri D’Argento nel dicembre 2009, e soprattutto il suo primo Corto di fiction Mai così…vicini, che nel 2010 partecipa ad una sessantina di Short Film Festivals, vincendo diversi premi e menzioni in Italia ed all’estero.
E ora le domande al regista
Emanuele, qual è il soggetto del film?
Mai così…vicini è una commedia noir al femminile, quasi grottesca, che racconta la storia di Giovanna e Francesca, due amiche che condividono un bell’appartamento nel centro storico di una piccola città del nord Italia. Sono giovani, carine, hanno un bel lavoro, un fidanzato, e persino un cane… Se non fosse per un cadavere in salotto del quale non sanno come disfarsi…
Come è nata l’idea del corto?
L’idea nasce grazie all’incontro con Fiorenza Renda, scrittrice e sceneggiatrice bolognese, autrice di 3 commedie di successo (e una quarta in uscita nei prossimi mesi), già sceneggiate per la trasposizione cinematografica. E’ divertente sapere come ci siamo conosciuti: alle Giornate Europee del Cinema di Torino nel 2008. Mi contatta, mi racconta le trame dei suoi libri, e mi cita un aneddoto particolare: in una storia c’è la zia Paoletta, che moritura, si presenta come fantasma di fronte alle figlie per sapere come vanno le puntate di 100vetrine…
Io ribatto dicendo che si, conosco quella soap, anzi ci lavoro da tempo… Da li, è nato un amore (artistico!) che ci ha portati a produrre insieme Mai così…vicini. Io le chiesi di trovare una storia che, per motivi produttivi, avesse come base le famose unità aristoteliche di luogo, tempo, azione.
Qual è il significato recondito del corto? Come mai una storia di questo tipo, quasi con humour inglese, con dei personaggi decisamente cattivi nella loro normalità?
E’ una favola surreale, grottesca. Protagonisti sono una serie di mostri della porta accanto; quelli, che non diresti mai…, quelli che non te l’aspetti, che un bel giorno si alzano, si lavano i denti e uccidono senza nessuna esitazione. Senza nessun rimorso. Lo spunto ce lo dà la cronaca, che forse, più che del precariato di sentimenti e azioni dovrebbe occuparsi del folle quotidiano che ci accomuna tutti.
quali sono state le difficoltà che hai avuto durante la lavorazione?
Mah, direi che l’unica difficoltà, a parte il fatto di essere stati veloci in shooting e pronti a trovare i giusti compromessi sulle proprie idee, è stata quando abbiamo girato la scena finale, in cantina, dove, tra sangue finto (sugo di pomodoro) e 50 kg di carne, c’era una puzza terribile (essendo estate) con le attrici che sono state veramente eroiche nel mantenere la calma e soprattutto non svenire!
Come hai lavorato con gli attori? Come hai affrontato la regia?
Per quanto riguarda la regia, ho deciso, diversamente da come si gira spesso, di dedicare tempo e dare in mano la scena agli attori. Come insegnava il grande Orson Welles, ho mosso al minimo la camera a favore degli attori, liberi di agire di fronte allo sguardo dello spettatore. Ho lavorato senza shooting list, senza storyboard, dando loro l’opportunità di recitare naturalmente, andando ad asciugare le battute e le intenzioni quando necessario. E credo che questo si possa intuire facilmente nei caratteri dei personaggi del corto.
Aggiungo che da quando ho letto la storia, ho focalizzato subito gli attori e soprattutto le attrici protagoniste; dunque non ho fatto nessun casting, forte anche del fatto che in 10 anni di fiction ho conosciuto profondamente ed artisticamente diversi attori e attrici. Per il resto, ho girato quasi tutto ciò che volevo, senza sforare con i tempi (abbiamo girato in tre giorni, circa 10-12 ore al giorno) e seguendo il mio istinto creativo, senza però cercare di inventarmi inquadrature particolari, ma al contrario, rimanendo il più possibile oggettivo ed invisibile, pur mantenendo il mio stile di regia.
Come hai affrontato, col doppio ruolo di produttore e regista, la lavorazione del corto?
E’ sempre molto difficile affrontare un progetto dovendo gestire i propri soldi, e dovendo mantenere la propria libertà creativa allo stesso tempo. Molte cose, molti problemi si accavallano, e non si crea quel giusto filtro tra artista creativo (il regista) e la produzione. Ma io ho avuto ed ho ancora la fortuna di avere la grossa esperienza di aiuto regista nella fiction, dove spesso questi due ruoli viaggiano a braccetto, dove come spetta dal ruolo, impari a gestire i diversi problemi (tecnici, artistici, organizzativi,etc) nel migliore dei modi e con la testa ricettiva al 150%. Dove impari ad anticipare le problematiche ed a risolverle prima che quest’ultime possano fuoriuscire in preparazione ed in shooting.
Finisce qui la prima parte dell’intervista ad Emanuele. Continua a leggere la seconda parte.