Ritroviamo il regista Camillo Valle, già nostro ospite in occasione della presentazione del suo cortometraggio The Art of Super-8: the Analogic Revolution in concorso al BIF&ST 2013. Oggi ci parla del suo nuovo lavoro, di denuncia e di difesa del nostro patrimonio culturale: Moto perpetuo.
Moto perpetuo
Un corto denuncia, quasi uno spot per la sua durata così breve, ma che riesce ad esternare la rabbia e l’amarezza di ch si rende conto di quanto l’amore per il denaro e per i guadagni riesca a calpestare quello per le cose belle, per quel patrimonio artistico e culturale di cui l’Italia è piena e di cui bisognerebbe andar fieri e cercare di preservare con tutto l’impegno necessario. Con un montaggio veloce e volutamente nervoso Camillo Valle colpisce lo spettatore raccontando una verità che è sotto gli occhi di tutti ma che nessuno vuole vedere.
L’intervista a Camillo Valle
Ciao Camillo, bentornato su cinemio. Cominciamo dal tema del corto, di denuncia e di difesa del nostro patrimonio artistico. Com’è nato ‘Moto perpetuo’?
Premetto che sto seguendo da diverso tempo, e con una certa preoccupazione, il problema delle grandi navi a Venezia. E’ una città che amo molto e in cui mi perdo sempre con molto piacere. Vedere queste navi attraccate, con i motori accesi giorno e notte, sentire l’odore di combustibile che impregna l’aria, per poi vederle attraversare il canale della Giudecca, mette davvero i brividi. Purtroppo questa situazione che sta creando danni a breve e lungo termine in una città millenaria dal valore inestimabile, è una metafora perfetta di come venga amministrato e sfigurato questo meraviglioso paese che è l’Italia. Avrei voluto fare un documentario sull’argomento ma calcolando i tempi di realizzazione, il budget e alcuni imprevisti legati alla distribuzione, ho preferito puntare sulla formula del cortometraggio. E’ la prima volta che partecipo al concorso di arte contemporanea Celeste Prize. Mi sembrava importante partecipare con un messaggio di questo tipo. Moto perpetuo, a mio avviso, è la pillolina rossa da dare al turista per risvegliarlo dal suo sogno fittizio.
Parliamo di alcune caratteristiche tecniche. Il montaggio è volutamente veloce e nervoso ma nel contempo vuole dare l’idea dei film muti del ‘900. Come mai questa scelta? Qual è il significato intrinseco che hai voluto dare?
Gli ingredienti che volevo usare erano i più diversi e disparati. Per quanto riguarda l’impatto visivo risento sicuramente dell’influenza di film come ”Pianeta Azzurro” di Franco Piavoli e ”Koyaanisqatsi” di Godfrey Reggio. Avendo altri mezzi a disposizione, mi divertiva realizzarlo con una camera digitale consumer, simile a quelle che usano i turisti. Ma allo stesso tempo riuscire a realizzare un prodotto visivamente interessante. Ho utilizzato anche alcune riprese in pellicola super-8 per accentuare alcuni momenti e rallentarne altri. Personalmente penso che il pubblico sia bombardato di immagini e, trattandosi di un corto da divulgare inizialmente in internet, ho preferito concentrare tutto il materiale in un unico breve distillato. Non mi interessava fare un reportage. Volevo che la situazione si raccontasse da sola. L’ho immaginato come un film muto, muto come le istituzioni che accettano la speculazione.
Anche le musiche sembrano avere lo stesso effetto: quasi infastidire lo spettatore per metterlo di fronte alla tragedia che sta colpendo Venezia. Come hai lavorato con il direttore delle musiche per avere questo effetto?
La musica è sempre particolarmente importante nei miei lavori. Avevo già girato alcune immagini, ma mancavano ancora diversi elementi. Ho sempre diversi progetti in mente che si accavallano l’un l’altro e il tempo che rimane, nella gabbia del quotidiano, è sempre molto poco. In quel periodo Elia Andrea Corazza, il direttore d’orchestra con cui ho avuto la fortuna di collaborare, mi aveva fatto avere alcune sue composizioni, e il brano, che poi abbiamo deciso di utilizzare, mi sembrava davvero perfetto. Aveva già in se tutti gli elementi emotivi per raccontare questa storia. Sono tornato a girare le ultime immagini cercando di seguire, a mio modo, la partitura. Man mano che il progetto prendeva forma abbiamo entrambi fatto piccole e minuziose modifiche fino ad arrivare al montato finale. Ho cercato di realizzare il corto come una vera e propria sinfonia visiva.
Il corto contiene immagini di repertorio. Che lavoro di ricerca c’è dietro e quanto ti ha impegnato?
Per questo progetto sono riuscito a realizzare tutte le immagini senza ricorrere ad un archivio. Mi piace utilizzare vecchi formati, non tanto per realizzare dei flashback, ma per dare alle immagini una connotazione temporale diversa. Oltre il presente. Ho cercato di spostare il punto di vista, per vedere tutto da un’altra angolazione. Per quanto riguarda le mie ricerche sull’argomento purtroppo sono nate da una preoccupazione personale. Ci sono delle ottime pubblicazioni sull’argomento, e ritengo che siano molto importanti, ma poi, studiato il materiale, ho cercato di dimenticare tutto a favore di una direzione più personale.
In generale hai avuto qualche difficoltà durante la lavorazione?
Non ho avuto particolari difficoltà. Solitamente nei miei piccoli progetti seguo tutto, dalla fotografia al montaggio. Ho scelto di lavorare con un attrezzatura davvero ridotta in modo da essere libero e più agevole negli spostamenti. In questi anni ho trasformato l’impossibilità di avere una troupe in una grande opportunità. Mi permette di concentrarmi su particolari e sfumature che con un gruppo di lavoro mi sarebbe più difficile cogliere. Inoltre questo modo di lavorare non attira l’attenzione dei curiosi che renderebbero tutto più complicato.
Prima la tua ricerca sui Super-8, ora Venezia. L’impressione è che i tuoi lavori siano sempre di ricerca di una verità, di un significato profondo. E’ così? E’ questo l’obiettivo del tuo essere regista?
In entrambi i lavori cerco di comunicare un punto di vista diverso. The Art of Super-8 è un film meta-cinematografico, costruito come un piccolo manuale di resistenza al freddo mondo digitale. Mentre Moto perpetuo, che utilizza alcune lezioni tratte dal primo, è, in qualche modo, l’altra faccia degli spot patinati delle grandi compagnie di navigazione. Il sogno che cercano di vendere è in realtà un incubo dall’impatto devastante. Si tratta di una speculazione dalle proporzioni epiche che rende responsabile chi ne prende parte. Citanto Jean Mistler, ‘è un’industria che consiste nel trasportare delle persone che starebbero meglio a casa loro, in posti che sarebbero migliori senza di loro.’ Ora che ci penso, avevo girato proprio a Venezia uno dei miei primi cortometraggi, colgo l’occasione per pubblicarlo qui:
E per concludere uno sguardo al futuro. Cosa ti aspetta ora? C’è già un nuovo progetto nel cassetto?
Nel tempo ritrovato ho la fortuna di frequentare una piccola osteria, dove si incontrano autori, scrittori ed artisti. Ci sono capitato quasi per caso un paio d’anni fa e devo dire che è un luogo davvero molto stimolante. Quest’anno, ho avuto la fortuna di raccogliere i loro versi in un antologia dal titolo Stelle Cadenti nel Fiordo di Atlantide. Il progetto mi ha dato molte soddisfazioni e ora, sto collaborando con una delle autrici Francesca Baviera, alla realizzazione della sua opera prima, dal titolo Tre disegni. Ultimato questo progetto dedicherò il mio tempo ad un nuovo cortometraggio, che ho già scritto. Ma è ancora troppo presto per parlarne.
Ringrazio Camillo Valle per l’intervista e gli faccio un grande in bocca al lupo per i suoi progetti futuri.