Speciale BIF&ST: ‘Nati per correre’ di Michele Vannucci

Continuiamo la nostra carrellata sui migliori cortometraggi in concorso al BIF&ST 2013 parlando oggi di Nati per correre, film di diploma al Centro Sperimentale del regista Michele Vannucci.

Michele Vannucci è nato a Roma nel 1987. Dopo una formazione  teatrale, ha iniziato a frequentare nel 2009 il Centro Sperimentale di Cinematografia nel quale si è diplomato in Regia nel 2012. In poco più di tre anni, ha prodotto 6 cortometraggi di finzione (tra cui il film di diploma Nati per correre), 5 cortometraggi documentari (tra cui il finalista al premio Solinas Cenerentola è di Napoli), 1 mediometraggio documentario (Vigne Nuove), 1 spot e 4 Making of per case di produzione come Fandango e Cattleya.

Un'immagine del corto

Nati per correre

Mirko e Alessandro sono padre e figlio, vivono insieme e sono accomunati dall’amore della Harley. Alessandro è arrivato ad un momento di svolta della sua vita: Sofia, la sua ragazza, vuole andare a vivere con lui ma suo padre gli ha appena rimesso a posto la moto. Dev’esserci il tempo di un altro viaggio insieme anche perchè, Alessandro lo sa, quando sei nato per correre, non puoi più tornare indietro.

Corto tutto ‘on the road‘ per raccontare l’amore filiale ed una passione, quella per la moto, che ti entra dentro e alla quale non si rinuncia facilmente. Michele Vannucci, grazie anche ad una splendida fotografia e a musiche accattivanti, accompagna lo spettatore nell’avventura di questi due uomini, un padre che vede nella moto un mezzo per esprimere il suo amore verso il figlio ed un ragazzo che sente arrivato il momento di diventare grande. Romanzo di formazione in immagini, Nati per correre è un cortometraggio che conquista e commuove dimostrando la maturità del suo regista.

L’intervista al regista

Ciao Michele, benvenuto su cinemio. Nati per correre è il tuo saggio di diploma al Centro Sperimentale ed è nato da un racconto biografico. Vuoi raccontarci un pò la genesi del corto?

Sono cresciuto in provincia. A volte, di Domenica, stormi di persone vestite in nero attraversavano la statale sulle loro moto. Un mio amico, seduto in sella dietro suo padre spesso mi salutava passandomi davanti. Mi è sempre rimasta addosso un gran voglia di conoscerli, una curiosità innata verso un mondo molto lontano da me. Amo raccontare storie in cui l’ordine familiare è stravolto dalla realtà, diventando eccezione. Durante i primi incontri di scrittura, parlando con Carlo Cuppari e Marta Pallagrosi, entrambi diplomati in sceneggiatura nel mio stesso anno, l’idea di raccontare il vincolo dolce che lega il protagonista, imprigionato dal troppo amore paterno ricevuto, mi è sembrata una buona chiave per raccontare il mondo dei bikers.

D’altronde, credo che i riferimenti con cui siamo abituati a raccontare le relazioni familiari oggi vadano ampiamente rivisti: la linea d’ombra oggi la si passa in tarda età, portando con sé traumi ancor più devastanti, perché vivendo con il proprio genitore per così tanto tempo si instaura una complicità diversa, anche dotata di una sua bellezza. Una domanda ha mosso in noi la voglia di raccontare questa storia sin dall’inizio: “Se tuo padre fosse il tuo migliore amico (una persona con cui ti diverti, in cui riporre piena fiducia), come è possibile anche solo pensare di separarsi?”.

L'attore Mirko Frezza

Alla presentazione del corto hai detto che la produzione è durata quasi un anno e che hai collaborato con altri ragazzi della scuola. Com’è andata questa collaborazione?

Questo è il mio saggio di diploma in regia presso il Centro Sperimentale di Cinematografia. L’ultimo anno di studio in questa scuola è dedicato alla scrittura, alla preparazione, al set e al montaggio del film. Questa scuola per me è stata una grande occasione, non avrei mai potuto realizzare così tanti racconti se non fosse stato per lei. Negli anni, sono nate collaborazioni che mi hanno arricchito. Nati per Correre è il diploma di più di venti persone con cui ho convissuto per tre anni ogni giorno della mia vita. La sceneggiatura, la fotografia, il suono, i costumi, la scenografia, la produzione, il montaggio gli attori e ogni altro reparto normalmente coinvolto nei film sono frutto di anni di studio di altre persone come me, che oggi, nonostante tutto, riescono a  credere in un futuro del cinema, riescono a seguire la loro strada.

Nonostante i problemi che negli anni si sono succeduti a scuola, il Centro Sperimentale rimane un patrimonio italiano che per primo sarò disposto a difendere in questo panorama di smantellamento culturale imperante. La possibilità di sbagliare, di cercare la propria strada, di raccontare storie autentiche, comuni, di conoscere persone che sognano sogni simili ai tuoi deve rimanere una possibilità per tutti, senza limiti di ceto o classe sociale. Troppo spesso nel cinema italiano si vedono storie troppo simili tra loro, raccontate sempre dalle stesse persone. Esiste poca apertura verso il nuovo, il diverso.

Il punto non è il ricambio generazionale, ma la capacità del racconto di allargarsi, di esplorare nuovi mondi. Non avrei voluto realizzare questo racconto con altre persone che con i miei compagni. Sono convinto che se l’industria cinematografica non troverà il modo d’aprirsi a nuovi racconti, a nuovi orizzonti, il panorama culturale odierno, che moribondo ancora si regge in piedi, verrà devastato.

i due protagonisti

Come sei arrivato alla scelta dei protagonisti? E come hai collaborato con loro per la costruzione del personaggio?

Questo è il racconto di un alchimia, di un rapporto simbiotico, originale, tra padre e figlio. Sapevo sin dall’inizio che se avessi sbagliato la costruzione dei personaggi sarebbe rimasto ben poco. Credo che in generale si dia troppa importanza alla direzione d’attore: l’unica cosa che ho chiesto ai protagonisti è quella di vivere, di far accadere qualcosa davanti alla macchina da presa. La differenza tra una scena recitata bene e una recitata male è spesso da cercare nella qualità di scrittura, nei movimenti emotivi che i personaggi compiono all’interno di quella scena e nel cast. Per questo ho passato molto tempo a fare audizioni: credo d’aver provinato un centinaio tra non attori e attori.

La curiosità m’ha spinto a girare per motoraduni nel frosinate, in pub d’harleisti tra i castelli romani, cercando il personaggio poi interpretato da Mirko Frezza. Agli attori, quasi tutti ragazzi invece, che incontravo, ho chiesto spesso di venire al provino accompagnati da partner. Così ho incontato Alessandro Borghi  e Mirko: alcune scene che sono contenute nel film sono molto simili a come ho girato quel provino. Nelle settimane seguenti ho provato con loro ogni scena del film, girando da solo le inquadrature, costuendo attraverso di loro un piano inquadrature: una volta arrivati sul set il più era fatto.

L'attore Alessandro Borghi

Il corto ha partecipato al BIF&ST dove tra l’altro è stato anche apprezzato: com’è stata questa esperienza? E qual è stato, al BIF&ST o altrove, il complimento più bello che hai ricevuto?

Il festival di Bari mi è sembrata un’occasione unica per avere voce e recuperare una prospettiva internazionale che spesso manca a festival più piccoli. Mostrando il film, la cosa che amo di più è sentire che il mondo degli spettatori si animi di personaggi nuovi: sento un gran bisogno di raccontare storie troppo spesso ai bordi dell’orizzonte narrativo contemporaneo.

In quali altri festival potremo vedere Nati per correre?

In Luglio, il corto sarà in concorso a Madrid, Genova o Lipari… per i prossimi mesi non so.

Quali sono i tuoi progetti futuri? Pronto per un nuovo cortometraggio?

Ora sto scrivendo il mio film d’esordio. Vedremo dove mi porterà questa nuova avventura.

Il regista Michele Vannucci

E con questa bella notizia salutiamo e ringraziamo Michele Vannucci facendogli un grande in bocca al lupo per questo nuovo importante progetto.

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