Lo scorso 18 Maggio è passato in anteprima al Festival di Cannes, in concorso come unico rappresentante per l’Italia, l’opera seconda della regista Alice Rohrwacher, sorella della più conosciuta Alba, che presenta un film con non pochi richiami autobiografici e diversi omaggi ad un certo clima onirico di chiamo felliniano: arriva nelle sale da domani Le Meraviglie.
Le meraviglie
Siamo negli anni novanta: una coppia vive in campagna, lavora la terra e produce miele naturale. La coppia ha quattro figlie femmine, di cui solo una adolescente. Non potendo loro lavorare come farebbe un maschio della stessa età, il padre (di origine tedesca) decide di prendere un quattordicenne che così evita il riformatorio.
L’arrivo di una troupe televisiva sulla realtà contadina stravolgerà la quotidianità contadina, soprattutto nella figlia grande Gelsomina.
Trailer del film:
La costruzione narrativa
Dopo il buon esordio con Corpi Celesti (2011), Alice Rohrwacher torna dietro una macchina da presa. Riprendendo le lezioni da documentarista che ormai le appartengono e attingendo direttamente dalla sua adolescenza decide di raccontare una realtà che ha vissuto, in un periodo (gli anni novanta) che ha vissuto e di dare il ruolo importante della madre sua e di Alba proprio alla sorella, attrice ormai affermata grazie a Pupi Avati nell’ultima decade.
Il racconto, la costruzione narrativa, è semplice ed esplicita: è un racconto di formazione, una figlia caratterialmente uguale al padre ma che prende la decisione di crescere, di vedere “oltre” la realtà bucolica che ha attorno andando contro al volere di quel padre padrone stesso, così come le piccole Alice e Alba che sognavano altro, la città, quel mondo così lontano eppure così vicino alla realizzazione dei loro sogni. Tutto ciò scatta nel momento in cui questo luogo fuori dal tempo viene “contaminato” da una troupe televisiva e nella figura venerea di Monica Bellucci che ingombra quei luoghi e la mente della piccola protagonista.
La ricerca dell’onirico
E il problema nasce proprio qui: la costruzione e l’approfondimento di alcuni personaggi è forte, meno lo è una storia che vive di prevedibilità e cliché e non ha una vera forza comunicativa e che soprattutto riesce a metà nell’utilizzo dell’elemento onirico come punto di forza per innalzare un racconto narrato nel microcosmo in cui i personaggi vivono: momento culmine della storia è la bravura della giovane protagonista nel saper “trattare” con le api con cui giornalmente convive per produrre il miele, riuscendo a farle uscire dalla bocca senza essere minimamente punta.
Tratto di certo che poteva aprire a mille sfaccettature e letture, specie perché presentato in un momento narrativo teoricamente alto nell’ultimo terzo di film, all’interno di una esplicita componente grottesca rappresentata dalla televisione e dalla figura della Bellucci.
Ciò non avviene e il cliché e la monotonia prende spesso il sopravvento non riuscendo a mantenere un ritmo e un clima di racconto consono e definito per una regista che, comunque, imprime bene le idee che porta avanti già sin dal suo esordio e che può sicuramente crescere di qui in avanti.
Alba Rohrwacher: vi racconto di me
Continua a leggere il focus su Alba Rohrwacher, ospite del BIF&ST 2015.