Attilio (Roberto Benigni) è un professore di poesia innamorato follemente della sua ex moglie Vittoria (Nicoletta Braschi). Lei è intenta a scrivere la biografia di Fuad, poeta iracheno di ritorno a Baghdad dopo anni di vita a Parigi. La vita matrimoniale dei due è distrutta a causa del tradimento di Attilio che tenta in tutti i modi di riconquistare l’amore della sua donna aimè decisa a non cedere nonostante l’affetto che dimostra per lui. L’amore per lei non si placa nemmeno dopo una tragica notizia: la donna è in fin di vita a Baghdad. Riporta un grave trauma cranico avvenuto in seguito ad un bombardamento effettuato per mano degli angloamericani. La raggiunge in ospedale e rimane al suo fianco travolto dalla preoccupazione e dall’angoscia.
“Se muore lei, per me tutta questa messa in scena del mondo che gira, possono anche smontare, portare via, schiodare tutto, arrotolare tutto il cielo e caricarlo su un camion col rimorchio, possiamo spengere questa luce bellissima del sole che mi piace tanto… ma tanto… lo sai perché mi piace tanto? Perché mi piace lei illuminata dalla luce del sole, tanto… portar via tutto questo tappeto, queste colonne, questo palazzo… la sabbia, il vento, le rane, i cocomeri maturi, la grandine, le 7 del pomeriggio, maggio, giugno, luglio, il basilico, le api, il mare, le zucchine… le zucchine”. Come si può amare una persona in questo modo? Come si fa?
Critica
Benigni ci attraversa l’anima con questo romanzo d’amore costellato di cuori dall’inizio alla fine. È un sentimento inseguito dalle parole e dalla poesia. Il problema irakeno e l’amore imbavagliati dalla sofferenza che non lascia scampo, che sembra non finire.
Il contesto irakeno sicuramente rende ancora più drammatico il film, che però non raggiungerà i livelli della Vita è bella. Il male di vivere di Fuad, la sofferenza di un innamorato e l’incorruttibilità di una donna innamorata si mischiano in un labile mondo di colori caldi, con l’intento di portarci laddove la realtà non ci trascina.
Speranza e timore si alternano in un mondo devastato dalla guerra. Non mancano le classiche scene comiche benignane, ma stavolta assumono un tono più serioso, come se volesse richiamare la nostra attenzione su un tema così disastroso come quello della guerra. Il suo a volte è un ottimismo disperato che sembra eccedere in sentimentalismi eccessivamente spietati ed eccessivi, ma l’ottimismo alimenta la riflessione. Lo strumento sociale di tutto rimane come al solito l’amore.