La slitta emanuela ponzano

“La slitta” (2016) di Emanuela Ponzano. La purezza dello sguardo degli adolescenti.

E’stata presentata in anteprima a Roma, presso il Cinema Farnese, La Slitta il secondo cortometraggio di finzione della regista e attrice Emanuela Ponzano, che torna dietro la macchina da presa, dopo l’esordio con Riflessi (2009), per parlare di una storia che tratta l’argomento del superamento di barriere ideologiche, data da una cultura mediocre che si riflette su due adolescenti, magistralmente interpretati da Riccardo Specchio e Alban Pajjoli, alla loro prima apparizione sul grande schermo.

La slitta di Emanuela Ponzano

La storia parla di una coppia italiana, formata da Emanuela Ponzano e Ivan Franek, ed Alfred (Riccardo Specchio) che vivono sulle montagne della Lucania. Tutti gli eventi fruiscono attraverso lo sguardo attento del figlio in questo ambiente molto ostile, dove la neve imbianca ogni cosa e sembra coprire anche l’anima delle persone che ci vivono, assopendo ogni energia positiva. Il bambino si ritrova isolato, in un mondo dove gli adulti non si accorgono della sua presenza, e riesce attraverso l’incontro con il ragazzo albanese a ritrovare finalmente il sorriso.

Riccardo Pecchio Emanuela Ponzano

Riccardo Pecchio in una scena de La Slitta di Emanuela Ponzano

La slitta diventa un simbolo di gioia, ed attraverso il gioco i due ragazzi perdono il valore di tutti gli insegnamenti sbagliati, assorbiti dagli adulti, restituendo loro la purezza e l’unione tra le diversità. Non è un caso che ci sia un riferimento anche al personaggio di Orson Welles.

Alban Pajjoli Emanuela Ponzano

Alban Pajjoli in una scena de La Slitta di Emanuela Ponzano

Emanuela Ponzano ha dichiarato che lei è molto sensibile all’argomento del razzismo in Italia, poiché è nata all’estero, e per molto tempo si è sentita senza una reale appartenenza.

Per girare questo corto, si è avvalsa di molti collaboratori eccellenti: dal premio David di Donatello per la scenografia Paki Meduri, alle musiche di Theo Teardo, Giuseppe Maio alla fotografia. Inoltre il corto è supportato dall’Unicef, dalla Lucania Film Commision, Lazio Film Commision, l’Ambasciata d’Albania, ed il produttore Andrea Leone.

Il corto sara’ proiettato a Febbraio in Prima mondiale in Belgio al 32 FIFA Festival International di film d Amour de Mons in competizione ufficiale e poi in altri festival in Italia e all’estero.

Intervista alla regista Emanuela Ponzano

Ciao Emanuela bentornata su cinemio. Sei un attrice e regista tetrale e questo è il tuo secondo corto da regista di cinema. Quando hai maturato l’idea di metterti dietro la macchina da presa?

Il cinema c’è sempre stato. Sono cresciuta in una famiglia di cinefili. Sono stata, sin dall’inizio della mia formazione, sia un attrice di teatro che di cinema, con esperienze anche a livello internazionale, lavorando con grandi maestri come Philippe Garrel e John Irvin. Da piccola collezionavo tutti i film in vhs, numerandoli, ed avevo 6 anni quando ho partecipato, per la prima volta, insieme a mio padre, al Festival del Film Fantastico e di Fantascienza. Ricordo che dopo aver visto un film, tornavo a casa e rifacevo tutti i ruoli davanti allo specchio o davanti ai miei genitori. Sono cose che non si scordano. Poi la mia formazione al Conservatorio mi ha orientato verso il teatro, che amo profondamente e sono fiera di farne parte.

Per me è un luogo magico che ci protegge e ci permette, come dice Bergman, di raccontare meglio il mondo là fuori. Nel 2007 quando è morto Ingmar Bergman ho sentito un vuoto mostruoso, ed ho avuto l’esigenza di rendergli omaggio, mettendo in scena La Più Forte di Strindberg, creando un piccolo film da proiettare durante lo spettacolo. Per un caso, il regista non era più disponibile, e mi sono ritrovata dietro la macchina da presa con il grande Gianni Mammolotti alla fotografia. E’ stato talmente bello che non avrei potuto più farne a meno. Sto già lavorando al mio primo lungo.

Quanto tempo hai lavorato sulla sceneggiatura?

Nel 2010 ho scritto velocemente il soggetto ed una prima stesura della sceneggiatura, poi insieme a Simone Riccardini, l’abbiamo completata nel 2013, e rivista prima di girare. Non pensavo diventasse oggi cosi attuale per l’argomento che tratta.

Qual’è stata l’esigenza che ti ha spinto a parlare di questa storia?

Si dice sempre “parla di cio’ che conosci…”. Sono nata all’estero. Essendo di nazionalità italiana ho vissuto personalmente i vari aspetti della parola immigrazione. Ho voluto porre l’attenzione sul problema del razzismo, che ormai è tornato in maniera preponderante nel nostro paese, e in tutta l’Europa. Leggendo il ricco documento Rapporto sul razzismo in Italia degli ultimi anni, pare che la situazione attuale non sia affatto da sottovalutare. La rabbia del posto di lavoro rubato dallo straniero è stata veicolata, attraverso una campagna mediatica, dai politici, che hanno alimentato l’odio per gli stranieri. Per cui, negli ultimi anni, i movimenti migratori dal Nord-Africa e dall’Europa dell’Est sono divenuti oggetto di una nuova e preoccupante forma di ostilità, a causa dell’ansia diffusa per la precarizzazione del lavoro.

La motivazione nel voler realizzare questo film, è quella di creare un cortometraggio d’autore, autentico accessibile a tutti. E’ un film pedagogico che tratta tematiche importanti come il razzismo e l’incomunicabilità dei bambini all’interno delle famiglie, e dell’indottrinamento che i bambini subiscono con l’educazione che a volte comprende appunto delle deviazioni razziste, che il bambino non è in grado di discernere. C’è la solitudine, il confronto con l’altro, l’ascolto, il sogno di una vita diversa.

È un film sociale che esula da clichè e luoghi comuni, attraverso l’osservazione emotiva degli occhi di un bambino, che guarda la realtà, riuscendo a riconquistare la propria innocenza in mezzo al bosco a cui appartiene.

Secondo te come mai gli adolescenti sono sempre meno rappresentati  sul grande schermo, soprattutto in Italia?

Per lo stesso motivo per cui è peggiorato il livello di educazione culturale nelle scuole, dove risiede il seme del progresso. L’Italia mi preoccupa più che mai. Alla Festa del Cinema di Roma esiste la sezione dedicata ai ragazzi di Alice nella città ed esiste lAgiscuola, purtroppo riguarda solo i lungometraggi, e non i corti, e lo trovo abbastanza paradossale, visto che i ragazzi si guarderebbero più volentieri un film breve. Il motivo del perché i registi e gli sceneggiatori italiani si rivolgano sempre meno ai ragazzi è incomprensibile, visto che la storia del cinema mondiale, da Truffaut con I 400 Colpi fino al recente Mustang della regista Deniz Gamze Ergüven, ne sentono l’esigenza.

Purtroppo l’Italia è un paese per vecchi, che scorda la sua storia e non guarda al progresso, senza prendersi le proprie responsabilità. Che cosa vogliamo far vedere ai nostri ragazzi, solo i film americani demenziali? Cosa vogliamo raccontare loro? La slitta è un film per tutti, con dei bambini protagonisti e si rivolge sia ai ragazzi che agli adulti. Non è un film per i più piccoli. E’ troppo articolato. Andrebbe visto nelle scuole, perché parla delle problematiche del nostro paese, affrontando il tema della diversità.

Con quale tipo di macchina hai girato?  Quanto giorni sono durate le riprese? Quanto il paesaggio ha influenzato in parte l’opera?

Abbiamo girato con la nuovissima Black Magic 4k, prestata dalla Visual Forum X di Roma, ed abbiamo girato per ben 6 giorni. C’è stato un grande lavoro di post produzione, i file sono pesantissimi ed è stato un grande lavoro catalogarli. Il paesaggio della Basilicata sul Monte Sirino è senz’altro un altro protagonista del film. Senza la bellezza e maestosità dello scenario con la neve, non avremmo potuto raccontare il contrasto tra il freddo e il calore del desiderio di libertà.

Infine, che significato ha l’arte nella tua vita?

Tutto. L’arte nella vita e la vita nell’arte. Non c’è separazione. Con i vantaggi e gli svantaggi che si porta dietro questa scelta di vita. E’ una vocazione, una passione, un’ossessione ed infine un diritto.

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