Anticipiamo di un giorno la rubrica dei film da riscoprire per dare spazio domani al nostro podcast mensile. Il film di oggi è La giusta distanza, del 2007, girato da Carlo Mazacurati, con Ahmed Hafiene, Valentina Lodovini e Giuseppe Battiston. L’hai visto?
La giusta distanza
Carlo Mazzacurati traccia a pennellate chiaroscure il ritratto di un Polesine, ex terra deprivata, ora più ricco e chiuso. In un paese alle foci del Po arriva la nuova maestra a sostituire quella storica ora improvvisamente folle, interessante allegoria della rottura degli schemi.
La maestrina è giovane, disinvolta e suscita curiosità e più di un sospiro in molti abitanti del paese: via via ne sono affascinati un giovane studente aspirante giornalista, un buffo arricchito locale con moglie slava presa da catalogo e un extracomunitario misterioso con cui lei alla fine ha una relazione.
L’opinione di Francesca
La storia oscilla continuamente tra educazione sentimentale, commedia, con i personaggi caricaturali dell’arricchito (magistralmente interpretato da Giuseppe Battiston, ormai un caratterista di razza del nostro cinema) e del giornalista affermato bianco crinito alla Scalfari e birignao da intellettuale, interpretato dall’altro onnipresente del nostro cinema “impegnato” Fabrizio Bentivoglio, sogno psicanalitico rappresentato dall’apparizione improvvisa nel paesaggio brumoso del bateau aux folles con a bordo l’allucinata ex insegnante locale, e giallo drammatico: la maestra viene trovata morta e il suo innamorato tunisino immediatamente accusato e incarcerato.
Le relazioni con l’estraneo vengono sottilmente enfatizzate nel film con diversi personaggi chiave: la moglie scelta su catalogo da Battiston è la donna oggetto, la maestra di città è l’emancipata da temere e da concupire mentre l’extracomunitario, buono finchè lavora in silenzio, è da demonizzare non appena accade qualcosa di losco.
Un buon reporter deve tenersi a giusta distanza dagli eventi per descriverli con l’opportuno distacco; non è così per Giovanni, il giovane reporter che riesce a fare luce sul delitto della giovane insegnante anche se troppo tardi per il povero extracomunitario ingiustamente in carcere.
Trama forse esile, finale poco prevedibile ma affresco ben centrato sull’evoluzione di una società chiusa quale può essere quella di una cittadina veneta deprivata fino a un cinquantennio fa, con baristi cinesi, meccanici tunisini e ancora tanti pregiudizi dentro.
Ottimi tutti gli interpreti pochissimo noti, facce giuste al momento giusto da Valentina Lodovini (la sfortunata maestrina) a Ahmed Hafiene all’esordiente Giovanni Capovilla voce narrante dell’intera vicenda. Da vedere.
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