Continuiamo la nostra carrellata di recensioni in anteprima del weekend. Dopo Adèle e l’enigma del Faraone e Cattivissimo me è il momento della nostra inviata speciale Chiara Ricci, andata a vedere per Cinemio L’estate d’Inverno (da stasera al cinema), film d’esordio del giovanissimo regista Davide Sibaldi di cui abbiamo anche l’intervista.
La trama
Christian (Fausto Cabra), diciannove anni e Lulù (Pia Lanciotti), prostituta di trentotto anni, si trovano in una camera di un motel alla periferia di Copenaghen dove hanno appena consumato un rapporto sessuale. Lulù fa per andarsene ma viene invitata da Christian a restare ancora per un’ora solo per parlare, pagandola. La donna inizialmente rifiuta ma poi, per denaro, per curiosità o per il maltempo che imperversa decide di accettare. I due iniziano a raccontarsi, a scontrarsi, si affrontano, si nascondono e si sfogano facendo esplodere le loro paure e i loro fantasmi, raccontano il loro passato dando una svolta decisiva al loro presente, al loro futuro.
Entrambi sono vittime e artefici di abbandoni. Christian è stato abbandonato da sua madre, di cui è alla ricerca, all’età di quattro anni. Questa assenza e mancanza di affetto hanno fatto nascere in lui il timore di non saper amare ed è per questo che sta fuggendo: la sua ragazza è incinta e lui, spaventato, l’ha abbandonata. Lulù a sua volta ha abbandonato suo figlio da ormai quindici anni, proprio come nella sua infanzia è stata lei stessa abbandonata da suo padre. Le loro vite si mescolano, si confondono, si appropriano l’una dell’altra sino a incarnare esse stesse la figura della madre e del figlio di cui scoprono di aver tanto bisogno.
La recensione di Chiara
Il film – opera prima di Davide Sibaldi – è molto interessante tanto nella struttura quanto nel contenuto. L’azione si svolge in tempo reale: la conversazione tra Christian e Lulù dura esattamente un’ora e il film (girato in soli cinque giorni) percorre fedelmente questo spazio temporale facendone un suo punto di forza. La coppia di attori – Pia Lanciotti e Fausto Cabra –è brava nel proporre una situazione di stasi iniziale, di caos e di ordine finale. I due si affrontano nella stanza del motel come fossero su un ring: a volte è l’uno ad avere in mano la situazione e ad aggredire l’altro ma poi la situazione subito si ribalta e chi prima aveva il controllo ora si ritrova a soccombere all’altro e a se stesso.
Durante questa lotta è Lulù a spogliarsi della sua corazza, non solo metaforicamente. Nel loro incontro/scontro perde la sua parrucca corvina, pian piano si toglie il copri spalle, il golfino e, infine, il trucco, quella maschera di cui ogni donna non riesce a fare a meno..forse per vanità, forse per nascondersi agli altri e forse, ancora, per nascondere a se stessa quei difetti (non fisici), quelle paure che, altrimenti, le sembrerebbero insopportabili. Lulù riesce a togliersi di dosso quei panni di prostituta sino a indossare, per la prima volta, quelli di madre consigliando a Christian (che ormai chiama in senso materno tesoro) di tornare dalla sua ragazza, di non fuggire, di superare le sue ombre, di non sentirsi colpevole dell’abbandono di sua madre.
Vedendo questo film sembra di assistere a una seduta psicanalitica poiché i protagonisti altro non fanno che intraprendere quel lungo e tortuoso viaggio all’interno di se stessi che si compie, sino all’infanzia, quando si cercano delle risposte a degli atteggiamenti, a dei malesseri, a delle paure che affiorano nel presente causati spesso proprio da un abbandono, perno attorno al quale ruota l’intero film.
Forse il punto debole del film è la sceneggiatura: a volte pare che Christian parli per luoghi comuni, che sia detentore della verità assoluta, quella che tutti predichiamo e che raramente mettiamo in atto. Si è voluto creare un diciannovenne esageratamente maturo (quando non lo è) e con troppe contraddizioni rendendolo non sempre simpatico. Allo stesso modo non sembra reale la costruzione del personaggio che spesso eccede di manierismo apparendo forzato mentre Pia Lanciotti eccede di bravura spesso adattandosi ai toni del partner.