Speciale Sudestival: ‘Amoreodio’ di Cristian Scardigno – Prima parte

In concorso al Sudestival 2014 c’è anche l’opera prima del regista Cristian Scardigno, Amoreodio. Nell’articolo la recensione di uno dei ragazzi della giuria giovani e l’intervista al regista.

Amoreodio

di Antonio Pilagatti IV B classico

La violenza del disagio, è questo il fulcro attorno al quale si sviluppano le trame di Amoreodio.Sospeso tra una noia esistenziale e un perenne senso di assenza, il film di Cristian Scardigno ci narra la vicenda di due ragazzi, Katia e Andrea, che in continuo contrasto con quello che è il proprio ambiente scolastico o familiare (molto buona la fotografia in questi casi, dove gli spazi appaiono freddi e angusti ) manifestano una profonda nausea tale da spingerli a progettare l’omicidio dei genitori di lei.

Dietro tale gesto si cela la ricerca di una “libertà”, la quale altro non è se non la percezione, consapevole o meno, di una struttura interna fragile, che tenta di porre rimedio alla vacuità di fondo che connota la propria vita proiettandosi verso una evasione assoluta: un’assenza di autorità. Lo sguardo di Katia ci guida, filtrando il tutto attraverso il proprio punto di vista, nella immagine colpevole che i genitori finiscono per assumere, secondo lei, verso il proprio malessere; ci guida nell’incapacità affettiva, nella buia apatia, talvolta, però, eccessivamente forzata con esiti poco positivi, che non devono distogliere l’attenzione dal senso complessivo del film.

Puntando su un forte impatto emotivo, di questa situazione di disagio la pellicola ci mostra la degenerazione più oscura, conturbante: una violenza quasi indifferente nei confronti della propria stessa ferocia, diretta contro coloro che dovrebbero essere i più cari affetti. Non c’è titubanza né rimorso alcuno, Katia è fredda nel carezzare dolcemente il suo macabro piano, nel coinvolgere Andrea in questo vortice di rancore e ira e vendetta, al quale dovrebbe seguire, dalla loro concezione straniata , una desiderata catarsi.

Un’immagine del film

Ma è proprio il giovane ad attirare la nostra attenzione in questa situazione: se per Katia vale tutto ciò che abbiamo già detto, egli è senz’ombra di dubbio più umano. Traspare in lui una complessità psicologica, una debolezza che diviene manifesta anche ai suoi occhi, nonostante ad inizio film ostenti un atteggiamento ribelle, ma disinteressato; il personaggio di Andrea è costantemente in balia di estremi opposti: da un lato il sentimento per Katia, che lo spinge persino ad immergersi in questa storia di sangue, temendo di perdere l’amore della ragazza; dall’altro, la coscienza che, implacabile giudice, lascia emergere il dubbio e il rimorso.

Amoreodio è, quindi, un film particolare, e, per quanto talvolta il suo valore artistico tradisca le premesse (come una sceneggiatura che non sempre riesce ad esprimere in maniera convincente e reale gli stati d’animo dei protagonisti),non può lasciar noi indifferenti. Quasi spontaneamente nasce una riflessione o un pensiero sul tema del disagio e della violenza, i quali finiscono per toccarci tutti, in una società come la nostra, dove sembrerebbero avere sempre più spazio.

Le domande al regista

Ciao Cristian, benvenuto su cinemio. Oltre che regista sei autore del soggetto e della sceneggiatura. Ci racconti la genesi del film?

Quando ero poco più che adolescente ho assistito al clamore mediatico causato da un fatto di cronaca nera. L’evento in sé non mi aveva toccato molto, o almeno aveva avuto su di me lo stesso effetto che aveva potuto avere su una qualsiasi altra persona informata dai telegiornali. Alcuni anni fa, il ricordo di quell’evento mi ha portato al tema che volevo trattare; un tema più ampio di quel fatto di cronaca e decisamente più attuale. L’idea era di rappresentare sullo schermo, attraverso i miei due protagonisti, una generazione di adolescenti priva di obiettivi e desideri, incapace di distinguere sentimenti giusti da quelli sbagliati. La generazione dei social network e degli smartphone. Adolescenti annoiati e apparentemente senza guide e modelli di riferimento. Di conseguenza, volevo raccontare l’incomunicabilità che si è venuta a creare tra adulti e ragazzi, genitori e figli, insegnanti e alunni. E’ un film che estremizza una condizione, esaspera un vuoto esistenziale, che nasce con lo scopo di far riflettere e spingere al dialogo.

Il protagonista Michele Degirolamo

Parlaci del cast e dei giovani protagonisti. Come li hai scelti e come hai lavorato con loro per la costruzione del loro personaggio?

I due giovani protagonisti sono interpretati da Francesca Ferrazzo e Michele Degirolamo. Hanno entrambi superato egregiamente i rispettivi provini, non lasciandomi alcun dubbio sul fatto che non potevano che essere loro Katia e Andrea. Abbiamo costruito i personaggi in sei o sette sedute di prove. Dopo una lettura della sceneggiatura, ci siamo concentrati su alcune scene chiave per delineare meglio comportamenti e caratteristiche dei ruoli. Non scrivendo mai troppo sui personaggi, mi piace scoprire sempre cose nuove insieme agli attori che li interpretano. E così è stato. Ho sperato che Francesca e Michele fossero pronti per un film così complesso, soprattutto dal punto di vista della tenuta psico-fisica. Il risultato è stato impressionante. Non hanno semplicemente studiato e recitato una parte, si sono spinti oltre, regalandomi due personaggi vivi e, allo stesso tempo, terrificanti.

La protagonista Francesca Ferrazzo

Termina qui la prima parte dell’intervista al regista Cristian Scardigno. Nella seconda parte altre domande al regista e l’intervista ai due protagonisti Francesca Ferrazzo e Michele Degirolamo.

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