Proseguiamo la Masterclass (hai letto la prima parte?) del regista spagnolo Carlos Saura al BIF&ST 2021 accompagnato dal premio Oscar Vittorio Storaro che hanno raccontato il loro bellissimo rapporto personale e professionale.
Carlos Saura e Vittorio Storaro: il rapporto tra regista e direttore della fotografia
Avete mai discusso sul set?
C’è un normale dialogo e rispetto. Però se vedo una cosa che non sento essere quella che mi aspetto da Carlos io glielo dico anche se si arrabbia con me e mi manda via. però lui sa che gli dico la verità, quello che penso, e solo quando mi caccia e poi vedo che muove le macchine come gli avevo detto capisco che è stato un bene che ce lo siamo detto
Vittorio Storaro
Io detesto Vittorio Storaro
Carlos Saura (ride n.d.r.)
Di solito il direttore della fotografia cerca di trovare un punto di incontro con il regista, si mette al servizio del film. Nel vostro rapporto qual è stata se c’è una caratteristica illuminotecnica e poetica che vi unisce?
La prima cosa che ha fatto il maestro Storaro al primo lavoro insieme (Flamenco, Flamenco) è stato dare un tempo specifico alle scene perché ogni ora del giorno ha la sua caratteristica luminosa. Nel caso del Flamenco si parte dal tramonto e si arriva all’alba ma in ogni caso il loro tentativo è stato dare sempre il senso al tempo.
Dal canto suo maestro Saura ha sempre avuto molto rispetto delle scelte di Storaro e ne è nato un bellissimo rapporto.
Cinema e politica per Carlos Saura
Nel film Ay Carmela c’è il rapporto tra artisti e politica. Gli artisti sono molto sensibili al contesto politico in cui dovevano lavorare. Nella carriera di Carlos Saura è stato difficile resistere a condizionamenti politici esterni?
Il regista ha vissuto la guerra civile spagnola (aveva 4 anni) e ha ovviamente subito la situazione politica in cui ha lavorato. Inizialmente non è stato facile poi pian piano la situazione è migliorata
Io ho capito una cosa: che noi collaboratori non possiamo fare tutti i film e lavorare con tutti i registi nel senso che dobbiamo capire, nel momento in cui ci viene offerto un progetto, al di fuori ovviamente delle possibilità economiche e familiare che a volte ci condizionano, se quel percorso appartiene al nostro percorso, se può aggiungere qualcosa di più a noi stessi oppure se c’è qualcosa che sul piano ideologico, politico, morale è fuori dalle nostre visioni, io non sento il bisogno di farlo.
A volte mi sono stati portati all’attenzione progetti a cui ho detto di no e l’ho fatto sin dall’inizio quando da giovane aspettavo l’opportunità giusta per il mio esordio. Crescendo ho visto che quei no sono stati più importanti di alcuni si. A volte mi hanno offerto dei film che avevano un senso di violenza dentro, di amoralità, che si basavano sulla parola vendetta e io ho rifiutato perchè non era nelle mie corde.
Ognuno è ciò che fa e rispetto a ciò che fa è quello che è. C’è un fattore di moralità anche nella vita lavorativa che ci deve indicare la strada. Questo mi ha fatto conoscere alle persone che poi di fronte ad alcuni progetti si sono detti ‘qui ci vuole quel rompiscatole di Storaro’ ma perchè sanno i progetti a cui sono interessato. E questo ha salvato e ha fatto andare avanti la mia carriera.
Vittorio Storaro
Il passaggio dalla pellicola al digitale
Vittorio Storaro è molto propenso ad abbandonare completamente la pellicola e dedicarsi al digitale. Per lui è importante il progresso tecnologico e sfruttare tutte le nuove tecnologie può far ottenere risultati decisamente migliori. E’ ovvio il nuovo spaventa (com’è accaduto a lui e Woody Allen in Cafè Society) ma basta studiare e applicarsi e i risultati arrivano
Lo studio personale
A conclusione di questa interessante Masterclass, l’ultima domanda è stata la mia: quanto è importante lo studio privato, l’approfondimento personale per dare quel qualcosa in più al cinema italiano?
Continua a leggere gli articoli dedicati al BIF&ST 2021. Hai già visto la Masterclass del regista francese Leos Carax?