Devo dire che Il Curioso caso di Benjamin Button è un film che, come detto nella prima parte dedicata a questo film, pecca per l’eccessiva lunghezza, ben 166 minuti sono veramente tanti e in alcuni momenti devo ammettere che ho stentato anch’io a seguirlo…
L’originalità della storia però è talmente grande da superare tutti gli “intoppi” e le difficoltà che un evento come questo può presentare; sono parecchi i messaggi che ho apprezzato all’interno del film uno di questi è sicuramente il fatto che a qualsiasi età ed in qualsiasi momento è possibile cambiare.
E’ proprio Benjamin all’interno del suo diario a raccontare come in qualsiasi momento della propria vita si possa diventare una persona migliore, in qualsiasi momento della propria vita ognuno può scegliere di cambiare il proprio percorso, di iniziare nuove esperienze e mai nulla è perduto.
Tutto questo si capisce soprattutto quando il padre di Benjamin, un ricco produttore di bottoni, il quale ha abbandonato il figlio ancora in fasce, sicuramente vinto dai sensi di colpa e malato, decide di andare a conoscere il figlio e di lasciargli tutto quello che ha.
Molto bella anche la scena di Benjamin che accompagna il padre, ormai arrivato alla fine, a vedere un tramonto e proprio lì che riflette come nella vita ci si può arrabbiare, si può lottare, ma alla fine non resta che mollare.
In realtà questa è la frase che il capitano aveva detto a Benjamin quando stava per morire.
Sicuramente meritati tutti e tre gli Oscar che questo film ha vinto come Migliori Effetti Speciali (Eric Barba e Edson Williams), Miglior Trucco (Greg Cannom) e Miglior Scenografia (Donald Graham Burt e Vistor J. Zolfo).
Brad Pitt è spettacolarmente bravo come al solito, so che è lui in tutte le fasi del film anche quanto dimostra novant’anni e questa cosa si vede, allo spettatore attento non sfugge lo sguardo dell’attore anche sotto miliardi e miliardi di rughe.
Daisy è invece interpretata da Cate Blachett, sicuramente brava ma forse anche troppo perfetta tanto da non far emergere fino in fondo il dolore e le contraddizioni di tutte le sue scelte.
Oltre a loro una menzione particolare va sicuramente a Taraji P. Henson, candidata come migliore attrice non protagonista, la quale interpreta a meraviglia il ruolo della mamma in senso largo, mamma di Benjamin, mamma di tutti gli anziani ormai ridiventati bambini all’interno dell’ospizio, mamma della sua figlia naturale…
E’ come se questo film ci facesse capire come ognuno nella vita ha il suo ruolo, ma nulla è destinato a durare…