Oggi possiamo e vogliamo parlare solo di lui, però è giorno di recensioni e dunque soffermiamoci su uno dei suoi film più belli e un po’ meno conosciuti (uno dei pochi che non ho sentito citare nei ricordi di oggi sui giornali). Vogliamo i colonnelli è una commedia grottesca che riecheggia molto da vicino la vicenda del golpe Borghese: l’unico (fallito) colpo di Stato nella storia della Repubblica Italiana…
che nella realtà fu tentato dal colonnello Junio Valerio Borghese con l’organizzazione neofascista del Fronte Nazionale (lui stesso era stato il comandante della tristemente nota Decima Mas, che dopo la caduta di Mussolini aveva aderito alla Repubblica di Salò).
Il film di Monicelli esce nel 1973: a non molta distanza dagli eventi, che risalivano alla notte fra il 7 e l’8 dicembre 1970. Qui il protagonista è l’onorevole Giuseppe Tritoni, ex ufficiale dell’esercito (impersonato dal solito immenso Ugo Tognazzi) divenuto parlamentare di estrema destra. Tritoni non è d’accordo con il suo partito (che allude evidentemente all’MSI di Almirante), giudicandolo troppo “democratico”. Lui punta alla svolta autoritaria, organizzando campi di addestramento paramilitari, garantendosi il supporto della Grecia – che all’epoca era veramente in mano ad una giunta militare – e programmando di rapire il Presidente della Repubblica (che non ricorda quello di allora quanto il predecessore, vecchio e malato Antonio Segni) ed occupare la RAI.
L’argomento è serissimo, ma la storia è tanto più esilarante perchè è un continuo rincorrersi di figuracce da parte degli aspiranti golpisti – che sono delle macchiette da baraccone, messe alla berlina dal regista con tutta la spietatezza di cui è capace. Questi dilettanti allo sbaraglio vengono peraltro subito scoperti da un giornalista freelance, che si trova ad assistere per caso ad una loro riunione: ed avverte subito un deputato, che a sua volta segnala il progetto golpista al Ministro della Difesa. Quest’ultimo avrebbe il potere di bloccare subito la minaccia, ma pensa che non sia nulla di serio e minimizza.
Il colpo di Stato può dunque entrare nella sua fase “operativa”, nella quale però il dilettantismo dei “colonnelli” si rivela ancora più gigantesco: dal tentativo di occupare la RAI in poi c’è un equivoco dietro l’altro, ma il paradosso – e la genialità del film – sta nel fatto che lo Stato è ancora più impreparato dei golpisti stessi. Ed il progetto viene alla fine rocambolescamente attuato, un passo dopo l’altro, come a dire: se il colpo di Stato fosse davvero avvenuto in Italia poteva essere solo così, una commedia all’italiana piena di mostri tanto reazionari quanto incapaci. E c’è da dire che in fondo, nella realtà “democratica” dell’Italia successiva a “Vogliamo i colonnelli”, non è andata poi così diversamente.