Monkey Man è un film del 2024 diretto da Dev Patel con protagonista lo stesso attore britannico di origini indiane, qui alla sua prima regia. La pellicola uscirà solo al cinema a partire dal 4 aprile distribuito da Universal Pictures.
Tra i produttori figura Jordan Peele, uno dei più grandi registi contemporanei autore del film che vinse il premi Oscar alla sceneggiatura originale nel 2018 Scappa-Get Out, il più recente Nope e tanti altri.
Monkey Man
Il film racconta la storia di vendetta di un uomo contro i leader corrotti indiani che gli hanno portato via tutto e continuano a vittimizzare i poveri e i deboli.
Il trailer del film
La prima regia di Dev Patel è audace
L’attore britannico di origini indiane candidato al premio Oscar nel 2017, come attore non protagonista, Dev Patel si approccia alla regia per la prima volta decidendo anche di co-sceneggiare questa pellicola rendendola quasi totalmente sua. Essendo alla prima esperienza dietro la macchina da presa era naturale partire con un leggero scetticismo nei confronti del lungometraggio, ma bastano i primi minuti per spazzare via qualunque tipo di dubbio sulla qualità della pellicola.
Dev Patel ci regala un film politico di denuncia nei confronti del marcio della società indiana corrotta fino all’osso al contempo omaggiando il filone dell’action contemporaneo e quello che gettò le basi per ciò che possiamo vedere oggi, il primo cinema di arti marziali.
Patel per fa vedere tutto ciò che di sbagliato risiede nella società indiana sceglie un approccio diverso da solito iniziando col mostrarci lo sfarzo e l’opulenza dell’alta borghesia all’interno di questo locale esclusivo dove tutto è concesso ai ricchi e potenti. Scelta interessante quella di partire dall’alto della società anche metaforicamente mostrandoci l’ultimo piano di questo locale, quello solo per i vip, fino a scendere piano piano tramite flashback e l’avventura del protagonista nelle baraccopoli indiane immerse nella natura devastate dai politici per costruire sempre più fabbriche.
La natura è un tema centrale della pellicola, il protagonista è legato a doppio filo con essa e come vediamo attraverso delle immagini raffiguranti pitture indiane ne diventa quasi ambasciatore. Oltre alla vendetta personale Kid (Dev Patel) compie quella di una natura distrutta dalle fiamme del potere dei ricchi, non a caso indossa la maschera di un primate qui simbolo di flora e fauna locali.
Monkey Men – punti di forza e di debolezza
In mezzo a queste tematiche importanti per un intero paese si riesce comunque a trovare spazio per qualche battuta o scena esilarante che servivano a smorzare la pesantezza dei temi, comicità inserita e dosata alla perfezione.
La regia di Patel è ambiziosa essendo un film ricco di scene d’azione non facili da dirigere condite da numerosi piccoli piani sequenza, di fatti a tratti si nota sia ancora molto acerbo dietro la macchina da presa in particolare sul finale, ma nonostante questo ci regala un paio di sequenze memorabili e fa intravedere un certo talento in vista di future pellicole. Comunque da premiare l’audacia di dirigere un film del genere come opera prima.
Proprio il finale rappresenta il più grande problema di questo lungometraggio, se per l’ora e mezza precedente era riuscito a non risultare mai troppo derivativo e ad avere una sua identità nel finale cade in tutti i cliché sbagliati del genere action, arrivando successivamente a richiedere un eccessiva ed impossibile sospensione dell’incredulità allo spettatore.
Menzione alla colonna sonora che unisce brani pop remixati in salsa techno e musiche tradizionali indiane ottimamente, e alla fotografia Sharone Meir che esalta questi colori al neon in rappresentanza della lussuria dell’alta borghesia contrapponendoli ai toni arancioni caratteristici della bandiera indiana che seguono il protagonista simbolo della natura del paese.
Monkey Man è un film sicuramente da vedere per il coraggio di Dev Patel che come opera prima decide di dirigere una dichiarazione d’amore nei confronti del cinema e action e soprattutto verso il suo paese d’origine confezionando una pellicola che al netto dei difetti presuppone un gran futuro dietro la macchina da presa per il cineasta britannico.