Bardo, la cronaca di alcune false verità – Il regista Inàrritu si racconta

Bardo, la cronaca di alcune false verità è un film del 2022 per la regia di Alejandro Gonzàlez Inàrittu presentato in concorso alla 79esima Mostra del Cinema di Venezia. La pellicola distribuita da Netflix sarà al cinema dal 16 novembre 2022 e su Netflix dal 16 dicembre.

Il protagonista è interpretato da Daniel Gimenez Cacho, tra i comprimari troviamo Griselda Siciliani, Ximena Lamadrid e Andrès Almeida.

Bardo
Bardo, la cronaca di alcune false verità

Bardo, la cronaca di alcune false verità

Bardo ci racconta la vita di Silverio (Daniel Gimenez Cacho) un noto giornalista e documentarista messicano. Egli dopo aver lavorato negli Stati Uniti torna nella sua madrepatria vivendo una forte crisi esistenziale.

Per uscire da questa crisi personale cerca di scavare nel suo passato per riconciliarsi con il presente. Il tutto è un grosso riferimento alla vita del regista stesso che attraverso questo film decide di raccontarsi.

Il trailer del film

La biografia di Alejandro Gonzàlez Inàrittu

Con il termine Bardo in alcune scuole buddiste in tibetano si intende uno stato di transizione tra la morte e la rinascita. Inàrittu in questo film intraprende un percorso metaforico estremamente intimo analizzando la sua vita, e le varie fasi della sua lunga carriera.

Per compiere questa personale analisi il regista messicano, dopo la parentesi americana che ci ha regalato capolavori come “Birdman” (2014) e “Revenant” (2015), torna a girare nella sua madrepatria.

Inàrittu con quest’opera vuole riflettere su se stesso, il protagonista Silverio Gama (Daniel Gimènez Cacho) è inequivocabilmente la trasposizione metaforica del regista che torna in Messico dopo aver lavorato negli Stati Uniti alla ricerca di se stesso. Perché è questo che Inàrittu fa con Bardo abbandona tutto ciò che è stata per lui l’industria Hollywoodiana per riappacificarsi con la sua nazione.

La pellicola ci mostra pregi e difetti che ha l’industria americana, tutte le sue sfaccettature e contraddizioni che hanno portato il regista messicano a prenderne dopo anni le distanze, mai però rinnegando dove lo ha portato. Inàrittu si apre, si mette in dubbio, si racconta attraverso continue metafore, citazioni e scene surreali tra fantasia e realtà.

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Daniel Gimènez Cacho e Alejandro Gonzàlez Inàrittu sul set

Nel film ci viene mostrato un Messico diverso da quello ritratto nelle sue prime opere, una nazione quasi malinconica e disillusa da un regista che a parer suo non ha fatto e dato abbastanza.

Ovviamente essendo un lungometraggio particolarmente incentrato sulla sua vita e carriera non mancano le citazioni e i riferimenti alla corrente cinematografica che lo ha formato, il neorealismo italiano. Questa pellicola si può considerare a tutti gli effetti figlia dell’8 e mezzo del maestro Federico Fellini.

Il film è senza dubbio ottimo, una bellezza per gli occhi regia e fotografia perfette, ma purtroppo non riesce mai ad emozionare essendo infarcito da troppi pomposi esercizi di stile del regista in gran parte evitabili.

Sicuramente una pellicola che rimane impressa dato lo stile adottato nel bene o nel male, ovviamente i fan del regista la ameranno, ma non penso riuscirà a riscontrare il favore del pubblico, cosa che in realtà con questo film Inàrittu forse neanche vuole.

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