Eccoci qua. Della disperante situazione nei cinema italiani ne stiamo parlando un po’ tutti, c’è poco da fare. PERO’, dall’ultima volta, sono riuscito almeno a vedermi “About Elly”: sul quale mi ero già completamente sbilanciato in via preventiva, pronosticando che c’era “aria di capolavoro”.
Grasse attese insomma. Che per una volta, erano ben riposte: se non è un capolavoro, questo film del semisconosciuto iraniano Asghar Farhadi ci si avvicina molto.
Uno dei nostri commentatori, a margine di quanto scrivevo l’altro giorno, l’ha definito “un Antonioni a Teheran”. In effetti, la trama ricorda quella de L’Avventura (leggi in proposito questa recensione di “About Elly” su Il Messaggero). Ma come stile Antonioni fa più pensare all’avanguardia, alla sperimentazione estrema: nel caso di “About Elly” invece, mi viene da pensare a certi maestri della commedia all’italiana, come Monicelli, o Ettore Scola.
Non tanto per l’aspetto della commedia in sé, quanto per la vena drammatica (e tragica) che molto spesso la loro commedia conteneva. E per la capacità di raccontare la società senza mostrarla: soffermandosi invece sui personaggi, i loro volti, i loro errori, le loro bugie.
“About Elly” sono due film in uno: il primo film è una commedia in piena regola, con un gruppo di parenti ed amici che da Tehran si recano sulle rive del Mar Caspio per passare tre giorni di vacanza. Qui passano il tempo tra cazzate, corteggiamenti, telefonini che non prendono, bagni e partitelle a pallavolo. Sembra quasi un Virzì all’iraniana.
Poi, verso la metà della pellicola, la storia prende un’inaspettata direzione drammatica. La dico? Vabbè, la dico. Elly, che era l’insegnante di asilo di uno dei bambini, ma restava un po’ l’estranea del gruppo, scompare nel nulla. All’improvviso la vacanza rischia così di trasformarsi in una tragedia, anche perché c’è il serio dubbio che possa essere annegata.
Qui inizia un secondo film, in cui i personaggi vivono ognuno a modo suo la situazione che si è involontariamente venuta a creare. E tra uomini e donne, scoppiano i contrasti che fino a quel momento erano sopiti. Perché anche se in questo film non si parla della società iraniana, né tantomeno della politica, il gruppo dei personaggi è il simbolo di un paese che sta cambiando: sono emancipati, più o meno religiosi ma non fondamentalisti, eppure le loro tradizioni hanno ancora un peso. Che il dramma della scomparsa di Elly fa riaffiorare…