Grande successo di pubblico ma anche forti polemiche in Francia hanno accompagnato l’uscita di Sposami, stupido!, la commedia degli equivoci diretta e interpretata da Tarek Boudali, con la partecipazione del socio di sempre, Philippe Lacheau. Presente anche in un ruolo minore un altro membro del collettivo comico La Bande à Fifi, Julien Arruti. Nei cinema italiani dal 21 giugno.
Sposami, stupido!
Yacine (Tarek Boudali) lascia la sua famiglia in Marocco per andare a studiare architettura a Parigi. Dopo un percorso di studi brillante, la notte prima dell’esame finale decide di concedersi dei festeggiamenti prematuri, esagera e, a causa dei postumi della colossale sbornia, non riesce a presentarsi. Perdendo la possibilità di laurearsi, perde anche la possibilità di rinnovare il suo visto e di rimanere in regola in Francia. Comincia quindi a passare di lavoretto in lavoretto, tutti in clandestinità, mentre alla sua famiglia racconta di essere diventato architetto e di essere impegnato in grandi progetti.
In situazione sempre più precaria, si convince di dover far qualcosa per smettere di vivere nell’illegalità e la prima opzione che gli viene in mente è sposarsi con una persona con la cittadinanza francese per procurarsela. Scarseggiando in amicizie femminili disponibili ad aiutarlo, Yacine si vede costretto a rivolgersi al suo migliore amico, Fred (Philippe Lacheau) che, a sorpresa, accetta di sposarlo.
La notizia viene accolta con differenti gradazioni di gioia da Lisa (Charlotte Gabris), la legittima fidanzata di Fred (in realtà, ovviamente, molto contrariata dal fatto che il suo “promesso” preferisca sposare il suo amico che lei) e dalla famiglia natale di Yacine (che, altrettanto ovviamente, sarebbe dovuta rimanere all’oscuro della cosa, ma è stata inopportunamente avvisata da uno scrupoloso ispettore dell’immigrazione).
Seguono una serie di più o meno divertenti equivoci tra Yacine e Fred che devono convincere l’ispettore Dussart (Philippe Duquesne) che il loro sia un matrimonio reale e non un escamotage per ingannare l’immigrazione; tra Yacine e sua madre, venuta per il matrimonio, a cui viene fatto credere che la sposa sia la fidanzata di Fred, Lisa; tra Yacine e Claire (Andy Raconte), la ragazza di cui era infatuato ai tempi dell’università, riapparsa con notevole tempismo proprio in quel momento nella sua vita (pure con una ventina di chili in meno, che tende a non guastare).
Una commedia degli equivoci a tratti un po’ scontati e stereotipati
Oltralpe Sposami, stupido! ha suscitato moltissime polemiche da parte della critica, il che non gli ha impedito di essere campione di incassi per diverse settimane, fino ad arrivare a sorpassare i 2 milioni nella sola Francia. Il nocciolo della questione sta appunto in questo scarto tra il parere della stampa e il consenso del pubblico.
Sposami, stupido! è sicuramente una commedia che gioca su una serie di luoghi comuni e di stereotipi: dalla famiglia magrebina numerosa, che affida le sue speranze di riscatto al primogenito maschio, ma che è quasi più interessata al fatto che si sposi con una brava ragazza, per cui organizzare un matrimonio fastoso e da cui attendere al più presto una discreta prole, all’immaginario omosessuale, evidentemente visto dalla parte etero, con i consueti cliché – amante della moda, delle magliette da marinaro alla Jean Paul Gautier, dei cagnolini di piccola taglia, delle paillettes e della danza (per sorvolare sui completi sadomaso, i vari sex-toys e un eccesso di sensibilità ritratto in modo caricaturale).
Nonostante un innegabile abuso delle consuete e ormai straviste rappresentazioni di immigrazione e omosessualità nei film comici, Tarek Boudali e soci mantengono una chiave giocosa e leggera che non pare in nessun modo offensiva o discriminante. È vero, le loro gag non brillano per originalità, così come la maggior parte della sceneggiatura è facilmente intuibile fin dall’inizio. La loro è in effetti una messa in scena che potrebbe sembrare quasi teatrale, per quanto i personaggi non solo siano vicini alla macchietta, ma anche per la loro stessa recitazione, evidentemente esagerata e sopra le righe.
Seppure le tematiche toccate sono attuali (la campagna del “matrimonio per tutti” in Francia li ha ispirati per la scrittura del copione), vengono affrontate più come pretesto per far ridere che per reale voglia di parlarne. È un po’ lo stesso principio per cui una commedia degli equivoci basata sul tradimento non prende in esame gli aspetti di dolore e sofferenza di chi è tradito, di rimprovero o giustificazione del traditore, ma solo la situazione in sé come potenziale fonte di risate.
Per l’essenza stessa e l’intenzione dietro a Sposami, stupido! appaiono sinceramente fuori luogo le accuse di omofobia o razzismo che gli sono state indirizzate. Più appropriatamente, gli si può imputare di utilizzare spunti comici un po’ frusti, scontati e sicuramente non eccessivamente fini.
Ciò detto, ci sono diverse situazioni in cui le risate prendono il sopravvento sulle tante riflessioni critiche, e il risultato al botteghino ne è una evidente prova. L’alchimia tra i protagonisti, già rodata da anni di lavoro insieme, funziona e traspare anche dallo schermo, così come la loro attitudine scanzonata e giocosa, che rende gli eventuali scivoloni di buon gusto più sopportabili. Non si scade comunque (quasi) mai nella volgarità pura e cruda, piuttosto si rimane nell’abito della goliardia. In effetti l’idea che traspare è proprio quella di un gruppo di amici che si sta divertendo e questo sentimento è così palese da diventare contagioso.
Bilancio finale di Sposami, stupido!
Perfetto per una serata di divertimento leggero e spensierato, il film della premiata ditta Boudali-Lacheau è l’emblema del disimpegno: non ha ambizioni di essere preso sul serio, di fornire una morale, di contribuire al dibattito su tematiche sociale. D’altronde, e non per un caso, hanno affermato di ammirare e di ispirarsi al lavoro dei fratelli Farrelly, quelli di Scemo & più scemo, Tutti pazzi per Mary, Amore a prima svista, per intendersi. La sola intenzione, apertamente dichiarata, è quella di offrire un momento di svago senza pretese, in cui si ride di gag sicuramente non innovative ma sempre ben confezionate, di equivoci certamente non iper-originali ma comunque orchestrati con un discreto ritmo e un indiscutibile buon mestiere.
Forse il finale eccede nel trionfo dei buoni sentimenti e del “vissero-tutti-felici-e-contenti” ma, di nuovo, non ci si può certo aspettare qualcosa di diverso viste le premesse, e alla fine un bel banale “Happy end” può avere anche il suo perché. Per le serate d’estate e come stacco dagli onnipresenti Mondiali, vale la pena.