Nome di donna un film di Marco Tullio Giordana (regista di Romanzo di una strage, 2012) in uscita giovedì 8 marzo 2018 nelle sale italiane. Un film in uscita in concomitanza con la festa della donna, un film che parla di donne. Nome di donna è un film che dura 90 minuti drammatico.
Nome di donna
Nina Martini (Cristiana Capotondi attrice tra gli altri di Notte prima degli esami, 2006) giovane mamma single che cerca di mantenere lei e la figlia. Ha un sua dignità e un suo codice Nina. Al farsi mantenere dal suo compagno Luca (Stefano Scandaletti), preferisce lavorare duramente. Accettando subito un “umile” lavoro come inserviente in una villa-casa di riposo.
TRAILER Nome di donna
Si trasferisce così da Milano alla provincia brianzola con sua figlia e inizia a lavorare nella casa di cura. La struttura trasuda ricchezza e potere in ogni dettaglio, ospita ricchi anziani ed è gestita da un torbido direttore, affiancato da un prete capo del personale. Nome di donna racconta la vicenda di Nina, ma si espande a raccontare anche molte delle vicende delle altre donne che lavorano nella struttura.
Tutte hanno in comune un segreto, e tutte lo custodiscono, vivendo nell’omertà. Omertà che viene rotta da Nina, quando lei stessa subisce molestie da parte del direttore, come tutte le altre donne. E’ un film potente Nome di donna, un film che non dà risposte ma pone domande, raccontando la storia di Nina. Il suo trovarsi ina situazione “scomoda”, il suo non sapere cosa fare. Andare avanti e denunciare, o andare avanti e fare finta di niente?
Nina in Nome di donna non è la classica vittima di una situazione. E’ una donna che lotta attivamente, dopo un primo momento di indecisione, decide di lottare, di farsi avanti. Di denunciare sapendo di andare incontro a possibili ritorsioni, avendo anche le colleghe contro di lei. Ma lei non rinuncia, non nasconde la testa sotto la sabbia. Denuncia mettendo il suo Nome di donna, porta avanti in tribunale le sue accuse (affiancata da avvocati e rappresentanti sindacali anch’esse donne). Non si accontenta della prima sentenza, vuole una punizione più severa e va avanti.
Nome di donna, il titolo del film, un nome generico, come generiche sono le donne che ogni giorno subiscono molestie e generici sono gli aggressori. Una scena del film in particolare spiazza. La figlia del direttore, che appare in due scene. Nella prima, a cena sola con il padre, lo accusa urlando in tutto il ristorante le perversioni e le molestie che il padre fa e di cui lei è a conoscenza. Nella seconda scena in cui compare, è in un confronto con Nina; e qui la figlia, vorrebbe che Nina smettesse di infangare il nome del padre.
Sono due scene molto forti, e molto distanti tra loro. Come se in privato, dentro le mura di casa, tutto fosse lecito. Ma nella vita pubblica nulla deve trapelare e tutto deve essere nascosto dietro la cortina del perbenismo.
Il finale del film poi è davvero una provocazione. finisce esattamente come inizia: si può vincere una battaglia, ma la guerra?