Arriva dal prossimo 5 Novembre il nuovo film del (tormentato) regista Premio Oscar Barry Levinson con protagonista tutto l’humor di Bill Murray, in una commedia musicale ambientata a Kabul: Rock The Kasbah.
Trama
Richie Lanz (Bill Murray; Monuments Men, Sotto il cielo delle Hawaii) è un agente musicale che decide di portare in tour, ormai a corto di soldi, idee e voglia, la sua rappresentata Ronnie (Zooey Deschanel; (500) giorni insieme, Yes man!). Giunti al centro del conflitto, le cose prenderanno una piega molto diversa rispetto a quella prevista.
Trailer “Rock The Kasbah”:
Barry chi?
È Barry Levinson. Si, esatto. Il regista Premio Oscar nel 1989 per Rain Man – L’uomo della pioggia, lo stesso che dirigeva il compianto Robin Williams in Toys – Giocattoli (1992), qualche anno dopo, o che affrontava con forza e coraggio (seppur già con non pochi tentennamenti) giochi di potere tra Dustin Hoffman e Robert De Niro in Sesso e potere (1997). E poi, purtroppo, si. Si tratta ancora dello stesso Barry Levinson che, chissà qui con quale coraggio, tiepidamente raccontava i peggiori Jack Black e Ben Stiller in L’invidia del mio migliore amico (2003) o nuovamente Robin Williams nell’indeciso L’uomo dell’anno (2006), fino a giungere addirittura alla sua prova ‘outsider’, nel 2012, con il fantascientifico The Bay.
Regista poliedrico, che sembra aver perso la mano da tempo, seppur non esente da argomenti a lui cari che nel tempo hanno sempre cercato di raccontare argomenti politici, sociali, di denuncia, senza perdere il piglio più ludico, leggero e comico e riversando il tutto con una buona dose intimistica, dentro personaggi ben raccontati sempre da grandi attori, sembra ormai covato dentro un’ “indecisione emotiva” che lo porta a non gestire il ritmo della narrazione, a perdere i climax e a non trovare il ‘centro di un racconto’, esattamente come in Disastro a Hollywood (2008), avviene qui.
…e poi c’è Bill!
Il film parte bene, regalando nei primi venti minuti una buona inventiva tecnica, classico ritmo seppur ben fotografato ed inserito, cercando di evitare particolari cliché, con un Bill Murray potente nella sua comicità ‘perfida’ e una Zooey Deschanel che ben funziona al suo fianco. Poi ci spostiamo a Kabul, perdiamo di vista Zooey e, per quanto la scelta musicale sia ottima, come molti dialoghi, e la presenza di Murray si fa sempre tanto sentire, il film perde un colpo dopo l’altro fino ad arrivare ad un finale potenzialmente con un climax molto più alto che, oltre a raccontare un già visto, non restituisce l’emotività prevista nell’idea iniziale. E non bastano quindi i Deep Purple come lo stesso Murray, per quanto alcune scene siano compositamente ‘da urlo’. Spento il proiettore, il film si dimentica.
Ed è proprio questo quello che in passato non accadeva con Levinson e che adesso capita ogni volta che un suo film vede la luce. Il problema non è tanto l’aver detto tutto e non saper più cosa dire, ma non avere neanche la voglia di esprimere più ciò che si è già detto con un’enfasi e un’energia tale da provare nuovamente a ‘regalare una storia’ al grande pubblico. Nessuno si aspetta da lui un racconto forte come Rain Man o Toys, ma se hai l’opportunità di fare, prova almeno a fare al meglio delle tue possibilità. O forse si potrebbe pensare tu abbia bisogno solo di una lunga pausa di riflessione, caro Barry, per capire cosa vuoi dire e tornare più forte e lucente di prima.