“Alì ha gli occhi azzurri”: alla ricerca dell’identità di un egiziano – romano

Cinemio ha visto in anteprima mondiale il documentario di Claudio Giovannesi “Alì ha gli occhi azzurri” in concorso al Film Festival di Roma. Ecco per voi la recensione!

di Jessica Di Paolo

Sono passati tre anni dall’ultimo lavoro cinematografico di Claudio Giovannesi, “Fratelli d’Italia”, presentato  al Festival Internazionale del Film di Roma. Torna quest’anno nella Capitale con il documentario “Alì ha gli occhi azzurri”, primo film Italiano in concorso in questa VII edizione curata da Marco Muller.

Il film racconta una settimana della vita di Nader, di origine egiziana ma dal cuore e dagli atteggiamenti Romani e Stefano, Italiano doc, figlio di un criminale. Vivono a Ostia, sono amici per la pelle e passano le loro giornate tra rapine, discoteche, adolescenziali amori e, di tanto in tanto, nell’istituto alberghiero che dovrebbe prepararli al mondo del lavoro.

Il titolo del film fa palesemente riferimento a Nader e alle sue lenti a contatto azzurre che si ostina a mettere ogni giorno per mostrare alla famiglia e ai coetanei il suo essere Italiano, o meglio, Romano.

Il sedicenne ci tiene a ribadire di non sentirsi egiziano, lui è Italiano, Romano  e non vuole avere niente a che fare con la religione araba che vede come distante e imposta dalla famiglia. Per questo mangia carne di maiale, non frequenta la moschea e si rifiuta di parlare Arabo accentuando lo “slang” romano fatto di colorite espressioni come “amò”, “ahò” e “mortacci tua”. L’eccellente fotografia di Daniele Ciprì, fredda e opaca, descrive dettagliatamente uno spaccato della quotidianità di due adolescenti che vivono in periferia, distanti da un certo tipo di cultura metropolitana e  smarriti tra le  loro contraddittorie  convinzioni e coriacei nel perseguire i loro spesso sconcertanti obiettivi personali. Nemmeno la scuola, che, insieme alla famiglia, dovrebbe ricoprire un ruolo fondamentale nella formazione della personalità dell’adolescente, sembra in grado di aiutare i ragazzi ad uscire dal loro sporco e desolato mondo: gli insegnanti vengono ignorati, presi a parolacce e trattati come coetanei, rovesciando il classico rapporto “professore – alunno”. E non dobbiamo sorprenderci perchè è proprio questo quello che accade in molte scuole romane non solo di periferia. La vicinanza rispetto al reale è sorprendente ed è sottolineata dalla preponderanza dei primi piani su cui il regista si focalizza cogliendo espressioni sintomo di conflitti interiori e stando addosso ai suoi personaggi, riuscendo a trascinare  lo spettatore nella vita dei protagonisti. Si accorcia qualsiasi distanza, non solo spaziale, ma anche psicologica, eccedendo forse nel partecipare emotivamente alle vicende di questi ragazzi, non riuscendo talvolta a  mantenere un’oggettività necessaria per poter parlare di temi importanti quali l’immigrazione, l’integrazione difficile nella società, la differenza di etnia e i conflitti religiosi.

Nader è fidanzato con Brigitte, sedicenne e di Ostia anche lei, che considera l’unica “donna” della sua vita a cui dedicare le melense canzoni di Gigi D’Alessio. La famiglia Italiana accetta senza alcun problema il ragazzo, facendolo sentire immediatamente parte integrante della famiglia anche se egiziano. Il rapporto tra i due non viene visto nello stesso modo dalla famiglia di Nader che non accetta assolutamente l’amore tra i ragazzi. Il punto di rottura è proprio questo: le regole imposte dalla tradizione egiziana sono troppo ferree per Nader che vorrebbe vivere l’ amore come fanno tutti i suoi coetanei, senza restrizioni e segreti. Si sente troppo distante dal paese d’origine e dalla famiglia  per poter continuare a vivere con loro e per questo decide di scappare e non tornare più.

Nonostante l’egiziano dagli occhi azzurri si sforzi e cerchi sempre di sembrare Italiano indossando  tute della Roma e nascondendo i caldi occhi color nocciola con delle lenti azzurre, finisce per contraddirsi più volte comportandosi esattamente come si comportano i  genitori nei suoi confronti. Per esempio “difende” la sua religione togliendo il crocifisso dalla classe, oppure, quando scopre che Stefano ha intenzione di uscire con la sorella più piccola, reagisce in maniera brutale e istintiva, proibendole di vedersi con l’amico perchè  è “troppo piccola per fare queste cose e nessun ragazzo se deve azzardà a toccare sua sorella”. Reagisce proprio come i suoi genitori che non concepiscono il rapporto con una ragazza Italiana.

Sotto il grigio cielo invernale del periferico litorale romano Giovannesi descrive con naturalezza e realismo le paure, la tenerezza e le contraddizioni di un adolescente che vive in  nuovo tipo di società chiamata a fare i conti con culture, tradizioni, principi  diversi e contrastanti, con un forte problema di identità: chi vogliono che io sia e chi voglio essere ? Questa è la contraddizione che si percepisce dai duri occhi color nocciola di Nader, nonostante tenti di nascondersi dietro ad un falso azzurro. Il senso di spontaneità e realismo è ampliato dalla scelta effettuata dal regista per quanto riguarda il cast artistico composto esclusivamente da attori non professionisti che interpretano perfettamente sè stessi senza alcuna difficoltà.

Non c’è un finale possibile per questa storia, Claudio Giovannesi non propone nessuna soluzione al pubblico. L’ obiettivo non è  trovare una “cura” per la società Italiana in declino quanto quello di far riflettere su delle situazioni quotidiane che esistono realmente e a cui, la maggior parte delle persone, non sembra poi dare tanto peso.

Alcune clip dal film

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