Siamo arrivati all’ultima parte dell’ultima lezione di cinema ascoltata durante il BIF&ST 2011. Il maestro Nicola Piovani ha ripercorso la sua carriera parlando degli esordi e del suo rapporto con grandi registi quali i fratelli Taviani, Nanni Moretti, Roberto Benigni, Federico Fellini e Mario Monicelli. Oggi concludiamo con una sua osservazione sul rapporto regista/musicista.
Il rapporto con il regista: un celebre esempio
Per spiegare l’importanza di una buona sintonia tra un regista ed il musicista che creerà le musiche per il suo film, Nicola Piovani fa l’esempio di una coppia storica e consolidata: Giuseppe Tornatore ed Ennio Morricone:
Perchè subordinare la propria poetica al volere del regista
Ecco la risposta di Nicola Piovani a questa domanda:
Quando scrivo musica da camera o faccio un’opera come Epta o faccio una cantata sinfonica, non subordino niente. In quel caso sono io, mi mostro nudo come sono, chi mi vuole mi prende, chi non mi vuole mi fischia.
Ma se devo entrare dentro un’opera di un regista che ci ha messo mesi o anche anni per scriverla, e poi altro tempo per l’attività produttiva, scelto gli attori, i costumi, i colori, creato un’opera che parla già e su cui manca solo l’aspetto musicale, non posso certo portare la mia poetica approfittando di qualcosa che non è mia.
Sembrerebbe una cosa sgarbata e questo non ha nulla a che vedere con la frustrazione, perchè il fatto che lavori per il cinema non significa che non puoi fare altro di tuo personale. Se un pittore viene chiamato per fare delle scenografie deve attenersi alla storia che sta raccontando, storia che non ha inventato lui.
Per non parlare della schizofrenia che si creerebbe nel film se la musica portasse una poetica diversa, lontana da quella dell’autore del film che è il regista. La metafora più bassa che esiste per spiegare questo è quella della maionese: olio uova e limone devono diventare maionese. Non è un gesto di umiltà anzi può essere anche una cosa eccitante.
A queste parole è intervenuto Vittorio Taviani, tra il pubblico ad assistere alla lezione:
Perchè la musica di Nicola Piovani è una musica riconoscibile da film a film, da autore ad autore? Gli autori hanno poetiche diverse tra loro però quando si va a vedere un loro film ci si accorge che la musica è di Piovani. Questo significa che nei film lui mette qualcosa del suo mondo, della sua prospettiva, che viene fuori anche se cerca di andare incontro allo spirito del film.
C’è anche un’altra cosa: la collaborazione, nell’arte, ha un significato (pensiamo per esempio alle grandi cattedrali del passato): sulla base di una proposta di una certa opera nasce una collaborazione in cui ci si identifica un po’ l’uno nell’altro.
Faccio l’esempio di Kaos: c’erano questi pastori che volevano seppellire il loro patriarca sulla loro terra ed il padrone glielo impediva. La scena è quella sulle grandi montagne dell’Etna. Arrivano i carabinieri e dicono che il cadavere non può essere seppellito invitando i pastori a sgombrare. I pastori si allontanano con il loro morto e spariscono dietro la valle. I carabinieri stanno per andare via quando improvvisamente i pastori ritornano indietro lasciando sgomenti i carabinieri.
Per questa scena Nicola aveva pensato ad una soluzione molto originale: in poche ore aveva parlato con i nostri attori dicendo loro di gridare delle specifiche note mentre stavano ritornando indietro. Lui si è messo dietro la macchina da presa e li ha diretti come se fossero in una sala da concerto.
Questa è la dimostrazione che la musica per film ha mille incontri e possibilità, quindi dire che un musicista rinuncia alla sua poetica mi sembra un po’ riduttivo. In più il fatto che in film di registi diversi si riconosca la musica dello stesso musicista dimostra che per quanti sforzi tu faccia, se c’è qualcosa di sanguigno, viene comunque fuori. Quindi vale la pena di occuparsi del film senza preoccuparsi della propria personalità.
Termina qui l’ultima lezione di cinema del BIF&ST 2011. Prima di concludere, anticipo ai lettori che hanno gradito questa rubrica, senza svelare troppo, che nei prossimi giorni ci saranno altre interessanti lezioni di grandi maestri del cinema.
Nicola aveva già pensato ad una musica, in poche ore aveva parlato con i nostri attori: arrivando voi dovete gridare queste note e nel momento in cui voi venite avanti io sarò lassù dietro la macchina da presa perchè vi dirigerò come se foste in una sala da concerto.
Questa è la dimostrazione che la musica per film ha mille incontri e possibilità, quindi dire che un musicista rinuncia alla sua poetica mi sembra un po’ riduttivo.
Piovani: anche se i film sono di registi diversi si sente che la musica è di Nicola Piovani. Questo dimostra che per quanti sforzi tu faccia se c’è qualcosa di sanguigno viene comunque fuori quindi vale comunque la pena occuparsi del film senza preoccuparsi della propria personalità
Il rapporto con Benigni (la vita è bella)
E’ un film a cui una buona stella ha messo la mano in testa e ha fatto si che tutte le cose che sono avvenute in ordine sparso hanno contribuito a far scoccare una scintilla in cui tutto quello che c’è dentro brilla.
In quel film ho cercato di lavorare in una maniera più comunicativa possibile e per crearmi delle difficoltà mi sono ricordato di un vecchio maestro di composizione molto reazionario che odiava tutta la melodia del novecento e che io non avevo seguito molto. Lui diceva che le grandi melodie del passato vanno tutte per toni vicini mentre la musica del novecento vanno per salti e quindi sono brutte.
Così per gioco mi sono scritto delle musiche con delle note vicine: quando ho raccontato questa cosa qualcuno mi ha risposto ah come fa shubert
La cosa che ho apprezzato di più in quel film di Roberto Benigni è il coraggio che a posteriori dopo il successo del film è difficile da soppesare. Ma io ricordo la proiezione prima dell’uscita del film in cui i produttori, i distributori, gli amici, lo scongiuravano di non farlo. Tutti dicevano: questo sarà la tomba di Roberto Benigni, un attore comico che si mette a fare una cosa simile, è pretenzioso.
Era pronto il film comico di emergenza: tutti me compreso hanno avuto la telefonata che chiedeva di modificare il finale del film, pronti a modificare le 400 copie già stampate per non far morire il protagonista. La morte del protagonista sarà la morte di Benigni come attore dicevano.
C’è voluto il coraggio di Roberto per tentare questo salto e che secondo me è la sua dote più bella: poteva andar male ma in quel caso è andato molto bene.