“Mental”, disordine mentale tutto al femminile

di Jessica Di Paolo

P.J. Hogan, regista Australiano, ha divertito il pubblico del Festival Internazionale del Film di Roma con la sua ultima opera fuori concorso “Mental”. Tema centrale della pellicola, come si può facilmente intuire dal titolo, è proprio la pazzia: cosa intendiamo dire quando definiamo una persona “mentalmente instabile” ? Chi siamo noi per dire cosa è normale e cosa, invece, non lo è ?

Il regista analizza con sarcasmo e velata amarezza la società Australiana dall’interno, andando ad affrontare sensibili tematiche come l’omologazione, la repressione della diversità e  l’alienazione dell’unicità dell’individuo camuffando il tutto con una grassa risata.

Le ragazze della famiglia Moochmore sono convinte di essere pazze. C’è chi vede gli alieni, la bipolare, la schizzofrenica, la sociopatica: insomma chi più ne ha più ne metta. Essere pazze è motivo di vanto per le bambine, se non sei pazzo non puoi far parte della famiglia. Tutta la tragica situazione è ingigantita dalla mamma  Shirley (Rebecca Gibney) che passa le giornate a cantare canzoncine da spiaggia strimpellate alla chitarra trascurando totalmente le figlie e la casa. Proprio per questo motivo il vicinato non vede di buon occhio la famiglia: troppo diverse per gli standard del quartiere australiano popolato da colorate casette tutte uguali e tenute in perfette condizioni.

L’unica casa che si distingue è proprio quella di Shirley, nonostante tutti gli sforzi compiuti per renderla un pò più simile alle altre. Ma perchè bisogna per forza conformarsi ai parametri sociali che gli altri stabiliscono? Chi sono i vicini per avere il diritto di dire qual è la casa modello e normale e qual non lo è ? La famiglia Moochmore combatte per tutto il film contro le etichette che gli appiccicano gli altri. Ad un occhio più attento lo spettatore può comprendere dopo pochi minuti che i pazzi, in realtà, sono proprio tutti quelli che si considerano sani e “nella normalità”.

C’è chi è fissato con la pulizia della casa (tremendamente divertente la scena in cui la vicina antipatica pulisce il garage con lo spazzolino), chi è sadico, chi soffre di disturbi compulsivi e chi non concepisce rapporti omosessuali avendo paura della diversità.

Lo spettatore finisce per chiedersi: chi è veramente pazzo? In realtà le ragazze e la mamma Shirley sono soltanto diverse e alternative nel modo di affrontare la quotidianità e negli obiettivi che si pongono per il futuro. Non bisogna incolparle per questo, ognuno ha il diritto di vivere la vita come più desidera, anche correndo il rischio di sembrare “fuori di testa” agli occhi degli altri. Questo è il messaggio che il regista Australiano vuole trasmettere al pubblico.

Tuttavia c’è un’altra parte importante del film che vale la pena ricordare: c’è un terzo personaggio che entra nella vita della famiglia Moochmore: la  baby sitter dell’ultimo minuto Shaz (Taylor Colette). Carismatica, determinata e letteralmente fuori di testa rappresenta la Mary Poppins moderna che tenta di educare le ragazze rovesciando i metodi tradizionali  della classica baby sitter. Non ha regole, segue solo le regole create da lei, completamente fuori dagli schemi.
 
Proprio grazie alla sua vitalità porterà le ragazze a credere di più in sè stesse e a considerarsi originali più che mental. Si scoprirà, alla fine, che Shaz nasconde un grande segreto che lascio scoprire a voi. Il tema affrontato da P.J. Hogan è serio e comune nella società contemporanea, non solo in quella Australiana. Spesso molti ragazzi non solo si sentono diversi perchè gli altri li fanno sentire tali, ma è una convinzione che parte da loro stessi. è difficile in questo modo trovare un posto in una società che rifiuta ed isola tutto quello che si ostina a non volersi conformare ai codici sociali e alle regole che impone il gruppo. Non c’è soluzione, purtroppo: o accetti le regole del gioco o stai fuori, questo sembra voler dire il regista con il film “Mental”.

Nonostante il messaggio sia decisamente sconfortante, il modo che P.J.Hogan utilizza per raccontare la storia è il sorriso. Una commedia leggera che fa contemporaneamente riflettere, perchè bisogna imparare a ridere  anche delle cose più serie. Così per tutta la durata del film ci si ritrova a ridere di gusto tra costruzioni sceniche sfacciate, dialoghi taglienti e suggerimenti arguti, e anche un po’ a cantare tra ballate da spiaggia strimpellate alla chitarra e i più classici temi di Tutti Insieme Appassionatamente. Un modo originale e sorprendentemente funzionale per assimilare, senza accorgersene, una lezione importante sull’accettazione personale e sociale.

 

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