Sono passati più di sessant’anni, da quando Gene Kelly duettava con Leslie Caron, in una romantica Parigi colorata dallo scenografo Edwin Willis. Eppure, il regista Damien Chazelle, reduce dai fasti musicali di un Whiplash analogo per giovani talenti in cerca di gloria, ci è riuscito. E’ in questi giorni nelle nostre sale La La Land.
La La Land
Il musical come lo abbiamo sempre sognato e rivisto nelle indimenticabili trasposizioni di Vincente Minnelli e Stanley Donen, ma immerso in quella modernità che ci lascia incantati e senza respiro. I meriti di La La Land sembrano ricadere sulle qualità canore e di abili ballerini di una coppia già collaudata in Crazy, Stupid, Love, ovvero Ryan Gosling ed Emma Stone. Se inseguire l’amore sembra essere il destino di questi due attori, il loro talento li ha trasformati in una vera rivelazione da Oscar, visto le quattordici nomination ricevute e i sette Golden Globe vinti. Tutto nel nome dell’arte, che trasforma due squattrinati in autentiche star.
La storia è sempre quella. C’è una lei (Mia), aspirante attrice che colleziona audizioni, e c’è un lui (Sebastian), talentuoso pianista jazz che non riesce a trovare un ingaggio vincente. Cosa hanno in comune? Praticamente tutto e niente, visto che quell’amore sembra nascere come una scommessa fatta a se stessi. Se la ricetta sembra riposta nell’aiutarsi a vicenda per superare lo sconforto delle porte chiuse in faccia, allora tutto sembra funzionare a meraviglia. Ma il vero collante che tiene unite le vite dei protagonisti sono i sogni che non vogliono essere abbandonati. Per Mia è riuscire a recitare una propria commedia. Per Sebastian è aprire il proprio locale, dove poter suonare quel jazz che sembra essere l’unica filosofia di vita. L’approccio sembra essere dei più deludenti, visto che le negazioni non aiutano a tingere di rosa le aspettative della vita.
Ma il frenetico ritmo della vita artistica di Los Angeles li porta a credere in quelle circostanze. Per Mia è sentirlo suonare nel locale gestito da un proprietario scaltro e poco propenso alle divagazioni musicali di Sebastian. Per Sebastian è vedere nella ragazza quella determinazione che sembra riflettere quella disciplina che solo il jazz riesce a conciliare con la vita di tutti giorni. L’incontro proverbiale avviene per gradi, immersi in quella caotica voglia di emergere che si sposta da un party ad una cena di convenienza. Allora il desiderio si trasforma in amore, fatto di compromessi e di scelte difficili. Quando si scopre che convivere non è sempre facile, se non si riescono a rispettare i tempi che entrambi pretendono.
Tutto sembra un disincantato castello di vetro, pronto a sgretolarsi al minimo ostacolo. Per Sebastian è l’occasione di andare in turné con un compagno di studi, lasciandola sola nell’attesa di quei momenti. Per Mia è quella parte che arriva quando un importante produttore la vuole per un film da girare a Parigi. Allora si scoprono fragili e indifesi, ma sempre determinati a seguire i loro sogni, a qualsiasi prezzo. E quel prezzo si chiama destino.
Un destino che scorre lungo il tempo delle stagioni. Quando Mia diventa un’affermata attrice e Sebastian il proprietario di quel tanto ambito locale Jazz. Lei con una figlia e un marito, felice. Lui scapolo e perdutamente innamorato di quella musica che si snoda tra le note di un pianoforte. La magia si ricompone, anche se nei loro occhi scorre (credibile) l’immagine della vita che avrebbero potuto vivere insieme.
La fotografia di Linus Andgren incornicia la scenografia di David Wasco, in un poliedrico musical che ci ammalia nelle vibranti musiche di Justin Hurwitz, mentre le voci di Emma Stone e Ryan Gosling sono perdutamente sospese tra i virtuosismi di un Gene Kelly mai dimenticato. Magari ammiccando nella modernità che rinvigorisce la forza di quelle coreografie, ma i meriti del regista Damien Chazelle rimangono tali.
E per sognare, la magia di Hollywood è la più grande fonte da cui poter attingere. Sempre.