E’ nelle nostre sale dal 20 ottobre il nuovo capitolo della saga di Jack Reacher interpretato dall’instancabile Tom Cruise. Al cinema Jack Reacher – Punto di non ritorno di Edward Zwick.
di Ivan Barbieri
Jack Reacher – Punto di non ritorno
Giunto a Washington DC, Jack Reacher scopre che il maggiore Susan Turner, che apprestava ad incontrare per una cena di piacere, è stato coinvolto in uno scandalo di spionaggio e spedito alla corte marziale. Sentendo puzza di complotto, il geniale protagonista inizia le sue indagini, che coinvolgeranno il suo stesso passato, visto che dai dossier in possesso della polizia militare risulta che Jack ha una figlia adolescente mai riconosciuta.
A giudicare dall’immersiva scena d’apertura nulla sembra cambiare in questo atteso sequel del film di McQuarrie: le battute al vetriolo, la sagacia e sfrontatezza dell’eroe muscolare, il suo agire sopra la legge, per conto della Legge. In realtà il cambio in cabina di regia qualche cambiamento lo apporta. La fotografia patinata e satura del film di McQuarrie viene sostituita da una tavolozza improntata su tonalità più fredde e grigiastre, che si rivela più adatta ad accompagnare il plot e le location in questione. Le città di Washington e New Orleans sono infatti freddi teatri di scontri ben piu violenti rispetto a quelli del suo predecessore, più vicini allo stile di combattimento di un Jason Bourne che a quelli degli altri film action di Tom Cruise. Con ulteriori (voluti?) rimandi ad altre opere recenti: infatti, se da un lato l’eroe solitario trova sempre più colleghi al cinema (non ultimo l’equalizer di Antoine Fuqua, di cui ritroviamo uno sceneggiatore), pare impossibile che la scena dell’inseguimento alla sfilata di Halloween non sia sorta sulla base dell’incipit dell’ultimo 007.
Nel complesso, la regia di Zwick risulta forse meno pirotecnica (nonostante i fuochi d’artificio finali) e più schematica rispetto a quella di McQuarrie, ma va dato atto al regista de L’Ultimo Samurai di avere sfornato un prodotto innegabilmente divertente e coinvolgente, meno di quanto lo fosse il primo ma parimenti esilarante nell’uso spiritoso del dialogo. Anche laddove il franchise esplora terreni battuti, in una progressiva omologazione con gli altri blockbuster del genere, c’è sempre sul finire il tempo per un evento che lo riporti ad una sua originale iconografia o tradizione. Sono in questo senso da leggersi le identiche riproposizioni di alcune scene del primo film, dalla fuga in autobus alla love story tra i protagonisti trattenuta ad un livello potenziale (anche quando si spogliano in camera da letto). E con un cast nelle seconde linee inferiore a quello de La prova decisiva (Cobie Smulders se la cava senza il fascino della Pike, ma il precedente episodio vantava anche gli illustri contributi di Robert Duvall e Werner Herzog qui non rimpiazzati), tocca una volta di più al sempre divertito Cruise consegnare i cattivi alla Giustizia. Non prima di un’altra rivelazione: sa fare anche il parrucchiere.