#RomaFF12 – Presentato ieri nella selezione ufficiale della 12esima Festa del Cinema di Roma, arriva il terzo film del regista Jaap van Heusden dal titolo In Blue, con protagonisti Maria Kraakman e Bogdan Iancu.
In Blue
Il film si apre e si presenta subito con molta semplicità: una donna sulla quarantina in carriera (Lin) è su un taxi in ritardo per prendere un aereo. Fuori piove. Il tassista corre e investe un ragazzo che vive per strada (Nicu).
Da subito la donna si affeziona a lui tanto da seguirlo e provare ad accudirlo. Capiremo ben presto che i limiti nel rapporto tra i due saranno labili tra amicizia e quel qualcosa di più e quando capiremo il background nel passato di entrambi, soprattutto quello di Lin, tutto sarà chiaro ed evidente.
Troppe però sono le pretese nel racconto del regista, tanto da giungere già a metà film e non crederci più in un crescendo di inverosimiglianza che porta sino ad un finale che non lascia spazio ad altro che alla noia, in un opera priva di ritmo (e dura ‘soltanto’ 102 minuti), con due attori che sembrano non crederci abbastanza ed una scrittura che li conduce semplicemente da un’azione ad un’altra in un ripetersi patinato e falso moralista che potrebbe (forse) essere accettato da tutti quegli pseudo-intellettuali o a chi crede nelle favole.
Siamo lontani da Il ragazzo selvaggio di Truffaut e siamo lontani persino da una regia che sfrutta il pretestuoso per renderlo accattivante o politicamente scorretto.
Van Heusden mantiene dal suo precedente lavoro (De Nieuwe Wereld, 2013) la voglia di indagare il mondo e l’uomo attraverso una relazione a due di caratteri diversi non solo in senso stretto ma anche da un punto di vista sociale, religioso, politico se vogliamo. Qui però il tonfo nella resa è troppo grande per non notarlo: In Blue è un film soporifero da cui sarebbe bene stare alla larga.