Doppio sospetto

Doppio sospetto, thriller d’antan

Complice forse la parola “sospetto”, che nella trasposizione dall’originale Duelles specifica cosa sia “doppio”, già dalle prime immagini sfuocate si indovina la piega che prenderà il film; thriller psicologico in abito nero che ricalca i modelli classici, Doppio sospetto porta sugli schermi il romanzo “Dietro l’odio” di Barbara Abel: racconto di due donne, amiche e vicine di casa, che finiscono per rovinarsi la vita l’un l’altra.

Doppio sospetto
Doppio sospetto

di Cristiano Salmaso

Doppio sospetto

In una villetta bifamiliare di una non precisata località in Francia o Belgio – ma che tanto sembrerebbe negli Stati Uniti – vivono Alice e Céline con i rispettivi mariti e figli unici; tra due chiacchiere in giardino e un cocktail prima di cena, le due donne sembrano condividere l’apparente felicità e la monotonia di una vita borghese negli anni ’60.

Un giorno Céline lascia il figlio a casa, confidando nella sorveglianza da parte dell’amica; Alice è in giardino, vede il bambino sporgersi dalla finestra ma non fa in tempo ad evitargli la fatale caduta. Da quel momento le due donne, vittime dei loro rispettivi sospetti, si trascineranno in un infernale spirale fino allo spaventoso epilogo.

Il trailer del film

DOPPIO SOSPETTO

Dramma della follia originato dal bisogno di riempire un buco (come preciserà nel finale una delle protagoniste), Doppio sospetto si presenta fin dalle sue prime sequenze come un film “vecchia maniera” che segue alla lettera la lezione dei maestri: nell’ambientazione anni ’60, con un immediato riconoscimento estetico nelle atmosfere di autori come Alfred Hitchcock e Douglas Sirk (il regista stesso ha dichiarato di aver fatto una full immersion in quel genere di pellicole durante la preparazione del suo film), nei colori della fotografia e nei frequenti primi piani sulle protagoniste, nella colonna sonora di Frédéric Vercheval che sembra uscita da Vertigo e gioca un ruolo fondamentale.

Da Claude Chabrol a Robert Aldrich

Olivier Masset-Depasse dimostra di aver imparato bene la lezione (anche se il confronto con i classici resta improponibile), confezionando un’opera inizialmente bilanciata sul dramma borghese alla Chabrol, con una forma spiccatamente teatrale grazie a personaggi calibrati nei rispettivi ruoli e ad una scenografia essenziale, fatta tutta di interni e di poche inquadrature che staccano sulla facciata della villa; non passa però molto perchè ai contorni del dramma si sostituiscano quelli sempre più decisi del thriller (che comincia con il dettaglio del coniglietto di peluche finito “per errore” nell bara del bambino), in un crescente ribaltamento di fronti con le due interpreti sempre più mattatrici della scena: Veerle Baetens e Anne Coesens sembrano portare il film indietro nel tempo, nelle atmosfere del Robert Aldrich di “Che fine ha fatto Baby Jane?” o “Piano piano dolce Carlotta”.

Doppio sospetto è un film d’altri tempi, stilisticamente coerente con tutti i clichè dei generi ai quali si rifà, adatto ad un vasto pubblico perchè ricco di suspence e colpi di scena, fedele omaggio all’eleganza del cinema del passato (anche se in verità più leccato che elegante).

Giocandosi tutto o quasi sulla performance delle due interpreti, la regia concede via via più spazio alla tensione narrativa piuttosto che all’introspezione dei personaggi, con situazioni ed inquadrature che ricordano il più recente “Misery non deve morire” (con il quale ha molti più punti di contatto di quanto possa sembrare). Finisce per scomporsi un po’ nella parte conclusiva, quando prova ad affondare il colpo di troppo senza la classe del campione, ma chiude senza appello se si è disposti a bersi tutto.

Leave a Reply