Si è concluso il Torino Film Festival, di cui i prossimi giorni Antonella ci parlerà approfonditamente. Ma intanto ne inizia subito un altro: oggi si apre la ventesima edizione del Courmayer Noir in Festival, che si chiuderà lunedì 13. Si tratta di una rassegna ibrida tra letteratura e cinema, con cinque scrittori che partecipano alla finale del premio Giorgio Scerbanenco, e dieci film in concorso che assegnerà il Leone Nero 2010.
Tra le altre iniziative: lo scrittore Michael Connelly, cui viene assegnato il premio Raymond Chandler, presenterà The Long Good Bye di Robert Altman (tratto appunto da un libro di Chandler).
E sempre a proposito di commistioni cineletterarie, è appena uscito un romanzo di Roddy Doyle intitolato Una vita da eroe (ed.Guanda) ambientato durante la lavorazione del film “A Quiet Man” (Un uomo tranquillo) di John Ford, con protagonista il mito western John Wayne. Non si tratta però di una ricostruzione documentaristica, quanto di un’occasione per riflettere proprio sulla costruzione dei miti: che sono certamente una caratteristica dell’industria cinematografica hollywoodiana, ma somigliano anche a quelli che vengono costruiti nella realtà quotidiana, dove spesso le persone si trovano a dover recitare un “copione” appunto (obbedendo ad una narrazione che è stata pensata e scritta da altri). Insomma, una riflessione sulle analogie fra cinema e società.
Su tutt’altro argomento, esce in libreria “Il film dei miei ricordi” di Susanna Colussi Pasolini, la madre di Pier Paolo: colui che più di ogni altro, nel Novecento italiano, ha avvicinato cinema e letteratura. E’ noto che Pasolini aveva con la madre un rapporto intensissimo, ai limiti della morbosità, ma a parte questo non si sa quasi nulla su di lei. Ora questo libro raccoglie i suoi quaderni manoscritti, che vanno a ritroso lungo l’albero genealogico, ma raccontano anche degli episodi sul figlio. In particolare quella scena de Il Vangelo Secondo Matteo, dove lei stessa interpretava il ruolo della Madonna che piange il figlio morto, e Pier Paolo le spiegò di recitarla così: “Piangi come quando hai visto tuo figlio partigiano ucciso”. Ovvero Guido Pasolini, che era stato trucidato all’età di 19 anni nell’eccidio di Porzus (7 febbraio 1945). Verrebbe da pensare che l’intero film fosse un modo, da parte di Pier Paolo, per rievocare la perdita del fratello.
Per alleggerire un po’ questa angoscia, però, vi voglio lasciare con una citazione di Ennio Flaiano che ho letto proprio in questi giorni:
Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile
Giusto, no? Anche se a volte sarebbe bello avere proprio il grande schermo in casa, per evitare anche il tragitto verso il cinema! Che volete, sono un pigrone, e con questo freddo…