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I Grandi Maestri del Cinema: Full Metal Jacket di Stanley Kubrick

Con la rubrica i Grandi Maestri del Cinema siamo arrivati quasi ad un film attuale, eh si perchè dopo il primo articolo e cioè Charlie Chaplin con Tempi Moderni del 1936 ne abbiamo fatta di strada fino ad arrivare al 1987. Anno in cui un altro grandissimo nome del cinema mondiale e cioè Stanley Kubrick ci propone il grande classico che tutti bene o male conosciamo, Full Metal Jacket.

Full Metal Jacket: la trama

a cura di Davide Cinfrignini

locandina del film Full Metal Jacket

Nella Carolina del Sud nel campo militare per Marines di Parris Island il Sergente Hartman (R.L. Ermey) addestra diciassette reclute per essere pronte a combattere in guerra.

Attraverso continue umiliazioni fisiche e psicologiche e dandogli l’ordine di amare il proprio fucile Hartman ha l’obiettivo di trasformare questi ragazzi in diciassette killer, pronti ad uccidere.

Tra i Marines si distinguono l’intelligente e brillante “Joker” ( Matthew Modine ) e l’impiacciato e goffo “palla di lardo” ( Vincent D’Onofrio) . Quando “Joker” verrà mandato in Vietnam, andrà a lavorare per il giornale Stars and Stripes. Ben presto però sarà stanco delle continue censure esercitate dal Tenente Lockhart (John Terry, il Christian Shephard di Lost ) e si farà mandare al fronte insieme all’amico e fotografo “Rafterman” (K.M. Howard), ritrovando il compagno di addestramento “Cowboy” (Arlisse Howard) .

Analisi del film

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Full Metal Jacket è un film del 1987 diretto, scritto e prodotto da Stanley Kubrick, direttamente ispirato dal romanzo “Nato per uccidere” di Gustav Hasford (anche co-sceneggiatore della stessa pellicola).

Partendo da un piccolo addestramento militare per Marine in Carolina del Sud fino ad arrivare alle orribili atrocità di guerra nelle città vietnamite Kubrick lancia un atto d’accusa violentissimo alle convenzioni, alla disumanità, alla violenza e alla terribile psicosi che provoca la guerra e tutto ciò che la rende tale.

“Full Metal Jacket” è un gelido affresco iperrealistico dell’addestramento militare e della battaglia al fronte con una regia perfetta, una sceneggiatura ridotta all’essenziale ma infarcita di dialoghi brillanti e monologhi da antologia (particolarmente famosi sono quelli del Sergente Maggiore Hartman interpretato da un fantastico Ronald Lee Ermey) e una splendida colonna sonora.

Quello del film è un mondo destabilizzato, disumanizzato, vedovo delle caratteristiche che rendono l’uomo diverso dagli altri esseri viventi. Un umanità ridotta a giocare ad una partita di cui non sa gestire i rischi, dove il vincitore perde la paura e il vinto perde la vita.

La psicosi e l’imprevedibilità diventano la normalità, i Marines americani sono uomini pieni di contraddizioni che non combattono per un’ideale e forse neanche più per sopravvivere ma solamente perchè uccidere è l’unica cosa che gli è concessa di fare, per cui sono stati addestrati e per cui sopravvivono lontani dalla civiltà e dalle sue convenzioni ma totalmente soggiogati da regole e modi di pensare scritti per loro ma non da loro.

photo credits:  man-over-board.comtimvsluke.com

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