Dal 20 settembre al cinema Un figlio all’improvviso, commedia co-diretta da Vincent Lobelle e Sébastien Thiéry, che ne è anche autore e attore principale. Il film è un adattamento della fortunata pièce dal titolo omonimo (nell’originale francese, Momo, storpiatura di maman, mamma), che ha spopolato al Théatre de Paris nella stagione 2016 e che era sempre scritta e interpretata da Thiérry, nel ruolo del figlio che arriva “all’improvviso”. Cambia invece, rispetto al cast teatrale, la coppia genitoriale, qui impersonata dagli ottimi Christian Clavier (Benvenuti a casa mia; Non sposate le mie figlie!) e Catherine Frot (Quello che so di lei; La cuoca del presidente).
Un figlio all’improvviso
Una distinta coppia sulla sessantina, Alain (Christian Clavier) e Laurence (Catherine Frot) Prioux, sono intenti a fare la spesa nel solito supermercato quando uno strano individuo si para loro davanti, affermando di esserne il figlio, e si dilegua facendo sparire il loro intero carrello di acquisti. Dapprima i due, sbalorditi, ritengano si tratti di uno scroccone, ma poi scoprono che ha pagato e recapitato a casa la loro spesa… e si è anche attardato a farsi una doccia.
Mentre il “presunto” padre, Alain, tra il seccato e l’inquieto, tenta di sbarazzarsi dell’incomodo ospite, sua moglie inizia progressivamente ad affezionarsi all’idea di aver quel figlio che ha tanto desiderato e mai riuscito a mettere al mondo. Intenerita da questi ancora inconfessati pensieri, lascia le chiavi dell’auto del marito al misterioso intruso, che senza battere ciglio le prende e sparisce. Per ricomparire, qualche tempo dopo, con la fidanzata incinta. Accresce il surrealismo e l’ambiguità del tutto il fatto che i due, presunto figlio e compagna, siano l’uno sordomuto, l’altra cieca. E che il giovane, che si chiama Patrick (Sébastien Thiéry),, accusi Alain di averlo abbandonato perché incapace di accettare il suo handicap.
Patrick è davvero il figlio di Alain? O forse è il figlio della sua amante del tempo? Oppure è il figlio legittimo della coppia, che ha talmente rimosso di averlo abbandonato da essersene dimenticata? Interrogativi che genereranno un susseguirsi di equivoci e situazioni più o meno divertenti, fino all’improbabile e lievemente mieloso happy ending finale.
Una commedia sull’accettazione della diversità con qualche buono spunto e molti scivoloni
Christian Clavier ci ha abituato ad apprezzare il suo fair-play e le sue interpretazioni di compassati medio-borghesi alle prese con situazioni paradossali all’interno di commedie irriverenti e ai limiti del “politicamente scorretto”. Anche Un figlio all’improvviso non si discosta troppo da questa tipologia, e buona parte degli effetti comici scaturiscono dalle reazioni incredule di Clavier alla follia che, suo malgrado, lo circonda.
Come in altri film a cui ha partecipato, anche qui non manca un certo gusto dell’eccesso e della provocazione, spinta all’estremo dalla personalità dello stesso autore e co-regista, Sébastien Thiéry. La sua tendenza a oltrepassare i limiti è d’altronde nota, soprattutto in Francia, in cui molti lo ricordano per aver manifestato, qualche anno fa, il suo appoggio verso gli autori teatrali presentandosi nudo alla notte dei Molières davanti all’allora ministro della cultura Fleur Pellerin.
L’amore per il gesto estremo emerge anche nella sua caratterizzazione di Patrick, il presunto figlio redivivo della mansueta coppia Clavier-Frot, che Thiéry non si fa scrupolo di caricare degli stereotipi anche più grevi legati al suo essere handicappato. Un po’ come era successo per il precedente film di Clavier, Benvenuti a casa mia, anche questa volta le polemiche non sono mancate, proprio a causa di questa propensione a calcare la mano su cliché a volte scontati a volte quasi cinici che rendono il personaggio una spietata caricatura di un sordomuto. Thiéry ha stroncato sul nascere le critiche in patria, dicendo di essersi ispirato al proprio fratello, anch’egli non udente, e di non temere quindi di essere accusato di insensibilità verso la categoria. Anche la figura di Sarah (Pascale Arbillot), la fidanzata cieca di Patrick, è un coacervo di luoghi comuni e di battute di bassa lega sui non vedenti che la fanno divenire una sorta di iperbolica e grottesca parodia di una persona più che una persona reale. Se l’intento umoristico nel farlo è evidente, non altrettanto è il risultato.
Affiancare la sobria e precisa recitazione di Clavier e della Frot, credibili e quasi toccanti nell’esprimere una moltitudine di sentimenti differenti che derivano loro dall’arrivo di questo figlio inatteso, a quella sopra le righe e completamente inverosimile della coppia Thiery-Arbillot ha un effetto destabilizzante, che a tratti stride. Il contrasto tra le due interpretazioni, più che creare effetti comici, spiazza lo spettatore, che può avere difficoltà a provare empatia nei confronti del figlio ritrovato, mentre si trova senza problemi in sintonia col presunto padre e il suo comprensibile sconcerto.
Discorso a parte per il personaggio della madre, che mostra lungo il corso del film una vera e propria evoluzione. Inizialmente dura – quando ad esempio riprende il marito al supermercato o quando lui dice, per giustificarla, che è delle risorse umane, per questo non si accorge quando parla male alle persone -, lascia progressivamente emergere la sua umanità e trasparire il dramma della mancata maternità, mai superato. Un figlio all’improvviso, dietro gag non sempre brillanti e un umorismo un po’ triviale, affronta tematiche importanti, come il dolore di una donna che, dopo vari tentativi, non è riuscita a divenire madre, il suo desiderio latente che, a lungo sopito, riemerge con prepotenza alla prima possibilità, per quanto assurda e inverosimile possa essere, di riempire anche in modo surrogato quell’incolmabile vuoto. Affronta anche il tema dell’accettazione della diversità, dei pregiudizi e delle difficoltà che ancora suscita l’handicap, di quanto possa scuotere il tranquillo ambiente perbenista di una certa borghesia benestante (che è poi quella che descrive sempre, nei suoi vari personaggi, Clavier).
Bilancio finale di Un figlio all’improvviso
Probabilmente sarebbe bastato non calcare così eccessivamente la mano e non rendere caricaturali le figure di Patrick e della fidanzata per riuscire a confezionare un prodotto di qualità maggiore. Ci sono sicuramente dei momenti divertenti, e la bravura dei due protagonisti, Clavier e Frot, è innegabile. Resta in dubbio se una performance meno forzata da parte di Thiery e Arbillot, che peraltro sono anche co-sceneggiatori e regista del film, avrebbe potuto migliorare la valutazione globale dell’opera. Bocciato, invece, senza possibilità d’appello, lo sdolcinato finale.