The Hurt Locker e Lebanon: lo spazio del conflitto

Negli ultimi anni il cinema si addentra, con sempre più vivido interesse, nella narrazione di film che puntano l’attenzione su tematiche relative ai conflitti ed alle guerre nel mondo.  Non ultimo il fresco di Oscar The Hurt LocKer ci mostra un un gruppo di artificieri dell’esercito statunitense in missione in Iraq.

locandina "The hurt locker"

Insieme al film della Bigelow, un’altro film, uscito lo scorso anno e vincitore del Leone d’Oro al miglior  film alla 66ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, pone in relazione l’elemento dello spazio fisico e mentale dei protagonisti e della storia: Lebanon, scritto e diretto da Samuel Maoz.

In Lebanon, che narra della prima guerra del Libano del 1982 vista attraverso gli occhi (e l’obiettivo della macchina da presa) di alcuni soldati chiusi all’interno di un carro armato, la relazione tra i soldati, il conflitto ed il loro spazio d’azione è asfissiante, stretta, claustrofobica; tutto il film si sviluppa all’interno del blindato, con due uniche riprese in esterno (campo di girasoli con/senza blindato) all’inizio ed alla fine della pellicola.
Il regista Maoz contrae gli spazi, occlude i pensieri dei protagonisti e ci mostra la guerra all’interno di uno spazio fisico e mentale che non può far altro che condurre i protagonisti al dolore e alla morte.

locandina del film "Lebanon"

In The Hurt Locker il tema dello spazio assume diverse caratteristiche: lo spazio vuoto, quello intorno agli artificieri nel momento di disinnescare le bombe, dove ogni protagonista è solo, nel silenzio davanti alla morte; lo spazio mentale dell’inevitabile, dove la morte diventa un filo invisibile tra quelli da tagliare per disinnescare gli ordigni; lo spazio dell’illusione, che tutto finisca nei 365 giorni del turno militare dei protagonisti.

Sia la Bigelow che Maoz utilizzano gli spazi (come narrazione scenica e come elemento psicologico) per permetterci di padroneggiare la storia, alternando vuoto e pieno, grande e piccolo, stretto e largo come senzazioni permeanti nell’uomo; tra le ragioni dei conflitti e le insostenibili scelte dei soldati pare così rimanere un unico ultimo spazio vuoto, piccolo e stretto, quello del pensiero, che non risce ad uscire e a riempire di significato la comprensione e la giustificazione di tanta crudeltà.

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