Ultimamente le sale cinematografiche stanno (ri)proponendo svariate ed ennesime pellicole sul classico personaggio del vampiro.
Ma chi fu il primo? Chi generò questa stirpe assetata di sangue?
La storia ha inizio tanto, tanto tempo fa…
La genesi del cinema dell’orrore
Siamo nella Germania del primo dopoguerra: la morte di tanti giovani sui campi di battaglia ha rafforzato incredibilmente la predisposizione dei tedeschi all’inquietudine ed al misticismo.
Evocare immagini di terrore e follia provoca fin dal romanticismo un certo senso di piacere: in un romanzo di K.P.Moritz troviamo, ad esempio, un ragazzino compiaciuto della decomposizione del proprio corpo in seguito alla minaccia di un mostro senza mani.
Il poeta J.W.Goethe rimprovererà questa “propensione alla crudeltà” nel suo Poesia e Verità: “Per disgrazia vigeva ancora il principio pedagogico di togliere per tempo ai bimbi ogni paura davanti al misterioso e all’invisibile e di abituarli allo spaventoso”.
L’uomo è angosciato dagli avvenimenti che gli accadono intorno, non riesce a capirne le cause; per questo vuole raggiungere l’essenza dei fatti, vuole sradicare gli oggetti dal contesto, e per farlo si abbandona alle visioni.
L’arte cinematografica, soprattutto negli anni ’20-’30, è riuscita in maniera eccezionale a tradurre sullo schermo tutto il tormento dell’animo tedesco, giocando in un certo qual modo il ruolo di valvola di sfogo.
“Nosferatu. Eine Symphonie des Grauens”: il vampiro di F.W.Murnau
E chi meglio di Friedrich Wilhelm Murnau, uno dei più grandi registi tedeschi, poteva creare le atmosfere così orrorifiche di Nosferatu. Eine Symphonie des Grauens (Nosferatu il Vampiro, 1922)?
E’ questa la prima storia di vampiri sul grande schermo: come i successivi remake, il film è un adattamento del romanzo del 1897 Dracula di Bram Stoker.
Alcuni problemi legati ai diritti di pubblicazione costrinsero però il regista a cambiare il titolo e il nome dei personaggi (il Conte Orlok è il Conte Dracula, interpretato dal bravissimo Max Schreck).
In seguito vennero addirittura distrutte le copie della pellicola, ma Murnau riuscì a tramandarcene una “clandestina”.
L’agente immobiliare Hutter (Gustav von Wangenheim) viene mandato dal suo principale Knock (Alexander Granach), individuo dall’aspetto assai sinistro, al castello del Conte Orlok (Max Schreck), interessato a comprare casa in paese.
Il giovane si mette così in viaggio verso i Carpazi, affidando la moglie Ellen (Greta Schroeder) all’amico Harding.
Giunto alla fortezza, scoprirà la natura demoniaca del Conte-Nosferatu: questi, dopo la fuga di Hutter, si chiuderà in una bara che verrà imbarcata su una nave diretta al paese.
Sterminato l’intero equipaggio, Nosferatu porterà la strana epidemia di peste fino in città.
Solo il sangue di una vergine potrà fermare la sua carneficina…
Il paesaggio terrificante dei Carpazi
Ogni ripresa del film di Murnau ha la sua funzione particolarissima, anche quando potrebbe invece apparire, a prima vista, priva di logica (da non dimenticare che la fotografia è curata da un altro maestro del cinema espressionista, ovvero Fritz Lang).
A ciò contribuisce la natura, protagonista del dramma: le scene nel castello o in paese sono state infatti girate in esterne, diversamente dagli altri film tedeschi dell’epoca.
L’atmosfera diventa allora ancor più soprannaturale, grazie al vento che muove le onde del Baltico o alle nuvole che preannunciano tempesta.
Ma è la stessa conformazione del paesaggio polacco a conferire mistero e misticismo alla pellicola: la marcia demoniaca dei becchini non avrebbe un aspetto così sinistro, se la bara dell’appestato non fosse trasportata tra quelle ruvide stradine.
Un capolavoro, nonostante gli scarsi mezzi
“Che mi importa della mia ombra! Mi corra pure dietro!
io – le scapperò via…
Ma, avevo appena guardato nello specchio, che dovetti gridare, e il mio cuore era sconvolto: bensì in esso non vidi me stesso, bensì il ghigno deforme di un demonio.” (da Così parlò Zarathustra di F.Nietzsche)
Il contrasto tra luce ed ombra è una tecnica cara agli espressionisti, e dunque a Murnau: l’illuminazione improvvisa di un volto, mentre sugli altri oggetti e personaggi calano le tenebre, genera un grido agghiacciante in un film che in realtà è muto.
Così come un semplicissimo movimento di luci e di specchi proietta l’ombra sovraumana di Nosferatu sulle scale, mentre avanza verso la sua vittima: lo spettro e la follia ci sovrastano, ci inglobano nel loro mondo di paure, e ci divorano l’anima.
Il gioco di specchi e riflessi è il risultato del sapiente utilizzo, da parte del regista, del cosiddetto effetto Schüfftan, che consiste nell’uso di cartoni disegnati, proiettati e ingigantiti tramite degli specchi, che diventano in tal modo lo sfondo di parte dell’inquadratura.
In un’altra vengono invece ripresi da lontano gli attori che si muovono.
O ancora: grazie ad alcuni metri di negativo inseriti nella pellicola positiva, possiamo rabbrividire di fronte agli scheletri degli alberi che spiccano sullo sfondo nero.
In realtà, già solo il cranio calvo e il volto cadaverico del Conte Orlok-Nosferatu ci proiettano in un universo mistico di fantasmi e sangue, che mai vorremmo vedere nelle nostre notti oscure.
“Spesso il mio cuore si sente a suo agio in questa penombra.
E’ forse l’ombra la patria della nostra anima?” (da Iperione di F.Hölderlin)