Siamo a ridosso della seconda guerra mondiale e questo di cui ti parlo oggi è un film definito “rischioso” proprio perché fa la satira all’ideologia nazista e stalinista…
La storia del film
di Chiara Ricci
La Russia invia a Parigi tre fidati collaboratori – Buljanoff, Kopalski e Iranoff – ad occuparsi della vendita dei gioielli che il Paese ha confiscato alla Granduchessa Swana (Ina Claire) dopo essere stata esiliata in seguito alla Rivoluzione russa. Gli uomini, però, vengono affascinati, ammaliati da Leone (Melvin Douglas), l’amante della granduchessa che si adopera affinché i gioielli vengano salvati. Il risultato di questa ammaliazione è palesata dal cilindro che va a sostituire i colbacchi che i tre russi indossavano al loro arrivo nella capitale francese.
Il governo russo informato da tale comportamento increscioso dei suoi collaboratori invia in Francia la “compagna Nina Ivanovna Yakushova”, Ninotchka (Greta Garbo), affinché riporti ordine e il compimento la missione sovietica.
Ma non passa troppo tempo che anche Ninotchka subisce il fascino di Parigi e di Leone di cui si innamora, ricambiata.
Poco dopo, però, la Russia richiama in patria i suoi fidati collaboratori e Ninotchka, non senza nostalgia, si vede costretta a lasciare l’uomo che ama e la città che l’hanno trasformata, da automa e prodotto di un’ideologia politica, in una “vera” donna.
Ma la Russia ha un nuovo incarico per Buljanoff, Kopalski e Iranoff che vengono inviati a Costantinopoli dove ritrovano, con grande felicità, Leone. Quest’ultimo li persuade ad abbandonare la loro vita attuale per crearne una nuova assumendo la direzione di un ristorante. Nel frattempo, il Paese invia nuovamente Ninotchcka sulle tracce dei tre uomini per controllarne l’operato ma ritrova Leone e questa volta è decisa a non lasciarlo..il sentimento questa volta ha la meglio e l’happy end è inevitabile.
Analisi del film: una “commedia rischiosa”, perché?
Questo film di Ernst Lubitsch (tratto dall’omonimo romanzo di Melchior Lenygel) è stato girato poco tempo prima del 1° settembre del 1939, ovvero giorno dell’occupazione della Polonia da parte di Hitler e, quindi, dello scoppio della Seconda Guerra mondiale. Forse proprio per questo risulta essere una commedia molto “rischiosa” e molto all’avanguardia in rapporto al tempo storico in cui è stata concepita. Ninotchka è una satira dello stalinismo ma anche della dittatura in genere, si pensi a Hitler che nello stesso periodo domina in Germania. Lubitsch, infatti, all’inizio del film non mostra una “donna”, ma il prodotto di un’ideologia costituita: la compagna Ninotchka. Quest’ultima parla, si muove, gesticola come fosse un automa, in modo freddo, senza trasporto come se ciò che dicesse lo avesse solo imparato a memoria senza dargli un vero senso.
E il punto di forza della commedia di Lubitsch sta proprio nel trasferire un personaggio come Ninotchka dal suo ambiente, dalla sua Russia, dallo stalinismo, dai suoi simili entro un altro contesto a lei del tutto alieno ed estraneo quale è Parigi. Sin dal momento del suo arrivo alla stazione si capisce che Ninotchka non ha nulla a che vedere con Parigi e soprattutto sembra non avere nemmeno delle vere sembianze femminili. È una donna ma la sua femminilità è nascosta dalla dominante ideologia politica russa: essa stessa pare non avere coscienza del proprio essere. È austera nell’abbigliamento, nell’espressione dialettica e mimica, nella mente. Sarà l’incontro con Leone a trasformarla, a farle scoprire la bellezza, il fascino, la fortuna di essere donna.
L’indimenticabile Greta Garbo lascia il segno.
Ma questa è una trasformazione che avviene per gradi e che ha il suo culmine nella scena del ristorante dove Leone fa di tutto per conquistare Ninotchka, per strapparle un sorriso con delle storielle ma invano fino a quando, dondolando sulla sedia cade a terra. Ninotchka ride! E ride come, forse, non le è mai accaduto in tutta la vita e ridendo si libera della sua austerità, della sua alterigia e della sua superbia. Scopre la bellezza dell’essere naturale, del potersi lasciare andare e dell’amare un uomo. Questo suo ridere segna l’abbandono della sua chiusa ideologia a favore del capitalismo e della voglia di vivere prettamente parigina qui simboleggiata dallo Champagne, dagli abiti sfarzosi, dal trucco, dagli insoliti cappellini, dalla lingerie.
Infatti, pian piano Ninotchka scopre tutte le sfumature e le caratteristiche che sono proprie di una donna: la gelosia, la vanità, la cura per l’abbigliamento smettendo di indossare degli completi austeri per concedersi degli abiti fastosi, dalle ampie e generose scollature. Allo stesso modo la Russia si oppone alla Francia, a Parigi: severa, dittatoriale, austera la prima, capitalista, democratica, “spensierata” la seconda.
Ninotchka è un film che sa racchiudere in sé commedia, melodramma, satira grazie alla sapiente bravura dei suoi protagonisti, alla loro attenzione alle sfumature con cui arricchiscono i loro personaggi. Un’opera che più la si guarda più se ne scopre un “qualcosa” di nuovo e, soprattutto, riesce ogni volta a farci sorridere assieme alla risata trascinante, unica, indimenticabile della “divina” Garbo.
Il successo del film.
Il film ottiene un buon successo di pubblico e di critica non solo per il propizio periodo storico in cui esce nelle sale cinematografiche e che si ritrova, attualissimo, riflesso sullo schermo ma anche grazie al grandioso lancio pubblicitario: “Garbo laughs!”, “la Garbo ride!”. Solo questo slogan è decisivo a decretare il successo della pellicola, da poter considerare una delle migliori interpretazione dell’attrice svedese. Oltre al grande successo il film ottiene, nel 1940, ben quattro nomination agli Oscar: per la migliore attrice protagonista, per il miglior film, miglior soggetto e miglior sceneggiatura non originale senza, però, vincerne nessuno. Nel 1957 Hollywood decide di farne un remake dal titolo La bella di Mosca con Cyd Charisse e Fred Astaire nei ruoli che sono stati della Garbo e di Melvin Douglas.
Il film di Lubitsch è un ottimo film di quelli che non avranno mai tramonto perché ormai considerati “classici”, unici nel loro genere segnati profondamente dalla genialità del loro creatore e dei suoi indimenticabili interpreti. È un’opera artistica degna della “Settima Arte” che ha saputo incidere nella carriera delle leve di registi successive e contemporanee a Lubitsch stesso. La Garbo è in stato di grazia: perfetta in questo ruolo di donna algida, fredda ma che sa scoprire la propria vera e autentica identica, che attraverso l’amore per un uomo riesce a prendere, finalmente, coscienza di sé, conoscendosi per la prima volta.
Ottima la sceneggiatura di Charles Brackett, Walter Reisch e di un “certo” Billy Wilder..che saprà farsi strada a Hollywood!
Una pellicola che non può mancare in nessuna videoteca che si rispetti!