La versione di Barney: una doppia recensione del film di Richard J. Lewis

Ancora una doppia recensione in anteprima dei nostri collaboratori Daniele Meloni e Pasquale Mesiano: La versione di Barney, un film di Richard J. Lewis con Paul Giamatti e Dustin Hoffman.

La locandina del film

La trama

Tratto dall’omonimo romanzo di Mordecai Richler, è l’interessante vita di Barney Panofsky (Paul Giamatti), un uomo dal grande acume, sopraffino sarcasmo e grande tenacia in amore. La vita di questo personaggio si snoda lungo un percorso tortuoso, al pari di molte persone dei nostri tempi, scandita da tre amori che segnano come pietre miliari la sua vita. E’ la parabola di uomo comune, infarcita di momenti a volte toccanti a volte esilaranti, una vita come Barney l’ha voluta, senza rimorsi e senza rimpianti, vissuta al meglio delle sue capacità.

Daniele: filosofia di vita

Questa volta di parole ne bastano poche: La versione di Barney è vita. Quello che viviamo alla visione di questa pellicola è la storia, strampalata, volgare, viziosa, sentimentale e sopra le righe che mai potremmo immaginare potesse essere vera, la storia di una figura quasi mitologica quella di Barney Panosfky, un uomo con cui attraversiamo 40 anni di vita esagerata, un uomo che ha il volto di un Paul Giamatti bravo come non mai.

C’erano tante perplessità riguardo la trasposizione di uno dei più grandi successi letterari degli ultimi anni (soprattutto in Italia), il libro omonimo dello scrittore Mordecai Richler ma il risultato è un buon film, che sicuramente non riprende fedelmente le pagine molto più approfondite di Richler ma rende l’essenza del carattere del protagonista.

Barney Panosfky è tutto; un produttore televisivo, un gran bevitore e un clamoroso dissipatore della propria vita; butta all’aria due matrimoni, il primo con la rossa Clara (Rachelle Lefevre), uno spirito libero che lo porta  a vivere ambizioni da hippy a Roma, ed il secondo matrimonio  con la Seconda Mrs.P, una principessa ebrea che parla a ripetizione. E’ il terzo matrimonio quello che cambia la sua vita, con Miriam (Rosamund Pike), che conosce durante il suo secondo matrimonio, la donna che darà una ragione alla sua vita e per la quale si spendono anche le scene più toccanti di tutto il film.

Una scena del film

Ma Panosfky non si corregge e tra un matrimonio e l’altro passerà la sua vita con la presunta accusa di omicidio nei confronti del suo miglior amico scomparso, Boogie. L’ unica figura che Barney amerà alla pari di Miriam sarà suo padre Izzy, fonte continua di una ruspante filosofia di vita, che ha la maschera di un Dustin Hoffman che suggella la sua carriera con questa perla, grazie a battute esilaranti e a conversazioni degne di Woody Allen.

In ogni scena del film, Barney siamo noi, pregi e difetti, vizi e virtù del genere umano maschile, ci sentiamo forti nei suoi momenti migliori, ma sopratutto siamo in simbiosi con lui nei momenti di grande difficoltà, nella debolezza dell’uomo, nel suo lasciare una vita che lo ha visto chiassoso protagonista, quasi in punta di piedi, nel modo più solitario e doloroso.

Barney si sente sempre un gradino sotto agli altri, e usa l’aggressività ed il cinismo come arma, ma è impossibile non amare un personaggio così, come è impossibile non ringraziare Giamatti per un lavoro che ci regala la migliore rappresentazione di un personaggio così complesso, un ruolo che siamo certi gli darà successo anche nella prossima notte degli Oscar.

Il regista

Pasquale: era meglio il libro

Il modo in cui è sezionata la vita di Barney Panofsky, è sicuramente l’elemento più riuscito della trama in questo film; ovvero distinguere tre grandi stagioni che hanno scandito la sua vita: la stagione dell’amore giovanile, l’amore puro, incontaminato, che non si scorda mai non tanto per la persona che si è avuto accanto ma per l’età in cui si è vissuta tale passione, ovvero l’età del cuore libero e dell’anima sgombra.

Poi l’età dell’amore obbligato, quel periodo in cui sembra doveroso stare con qualcuno e magari finire per sposarselo solo perché “così fan tutti”, salvo scoprire che la persona più adatta a noi si trova sì alla nostra cerimonia di nozze, ma non è quella accanto a noi sull’altare.

E infine l’età dell’amore maturo, quello vissuto con la persona giusta che incarna la risposta a ogni nostro desiderio, la persona che vorremmo avere accanto fin che morte non ci separi, che riconosciamo ad una semplice occhiata, quasi per olfatto e per la quale siamo disposti ad abbandonare seduta stante il banchetto di nozze pur di raggiungerla in stazione a dichiararle il nostro amore, lo facciamo anche se non si dovrebbe fare, ma lo facciamo perché è la cosa giusta per noi, al diavolo tutto quanto.

Una scena del film

Tutto questo è quanto viene fuori dalla sceneggiatura nata per un libro e adattata per il grande schermo, ma di regola difficilmente si riesce a trarre un bel film da un grande libro, da qui la tipica frase che si sente ripetere in questi casi uscendo dalla sala: “era meglio il libro…” e purtroppo anche in questo caso la regola si conferma.

D’altronde è un’impresa quasi impossibile trasporre in pellicola la ricchezza di dettagli e di retroscena che solo una narrazione letteraria può esprimere compiutamente senza lasciare quella sensazione di troncato o annacquato di cui queste operazioni cinematografiche invariabilmente soffrono.

È comunque sicuramente un’ottima pellicola con attori di prim’ordine. Paul Giamatti inanella l’ennesima prova da grande attore dando al personaggio di Barney un carattere travolgente e tenace rendendolo molto accattivante; e un’ancora ottimo e divertentissimo (ma soprattutto saggio) Dustin Hoffman nel ruolo del padre di Barney. Ma purtroppo tutto questo non è sufficiente a togliere da questa pellicola quell’aria di film già visto; una sorta di Forrest Gump meno eccitante anche se più spassoso.

Un film da vedere anche se delude un po’ le attese.

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