Arriva domani nelle sale italiane, ad un anno di distanza dal secondo capitolo e un giorno prima dell’uscita statunitense, il terzo capitolo della trilogia letteraria di Suzanne Collins, prima parte di un doppio finale che si concluderà il prossimo Novembre 2015. Sempre diretto da Francis Lawrence, arriva in sala Hunger Games: il canto della rivolta – Parte 1.
Hunger Games: il canto della rivolta – parte 1
Ci troviamo esattamente dove il secondo film ci aveva lasciato: Katniss Everdeen (Jennifer Lawrence; American Hustle, Una folle passione) si trova nel Distretto 13 con la sua famiglia e in compagnia di Plutarch (Philip Seymour Hoffman; La spia, The master) e del capo della rivolta Alma Coin (Julienne Moore; Maps to the stars, Lo sguardo di Satana: Carrie).
Dovrà decidere se assumere il ruolo di Ghiandaia Imitatrice per salvare Peeta (Josh Hutcherston; Viaggio nell’isola misteriosa, 7 days in Havana) da Capitol City e rappresentare l’intera nazione per la rivoluzione ormai imminente.
Trailer del film:
Tirare la corda
Già durante la lavorazione del quarto capitolo di Harry Potter (Il calice di Fuoco, nel 2004) si vociferava l’idea produttiva di spezzare la pellicola in due parti per non perdere lo spirito contenuto all’interno e non rischiare di tagliare troppo dal testo di origine o, al contrario, produrre film di durata superiore alle due ore e trenta. Non accadde nulla di quanto detto se non con l’ultimo capitolo, I doni della morte, uscito in due parti rispettivamente nel 2010 e nel 2011.
Quando, naturalmente, con un unico testo si riuscirono a costruire due pellicole con quindi il doppio degli incassi, le grandi major hollywoodiane aguzzarono la vista: nel 2011 ebbe la stessa sorte l’ultimo capitolo della saga di Twilight: Breaking Dawn, Peter Jackson decise di estendere il suo Lo Hobbit da due a tre episodi, la saga di Divergent si prepara ad un doppio capitolo finale ed ecco che anche la Lionsgate decide quindi di fare lo stesso con la sua gallina dalle uova d’oro Hunger Games. Il canto della rivolta esce appunto rispettivamente in due parti il 20 Novembre 2014 e 2015.
Il problema è che qui, come in quasi tutti i casi sopracitati, lo sforzo per questo sovrappiù è puramente produttivo e non di certo per agevolare un testo, temi o contenuti vari.
L’adattamento
Questo capitolo di Hunger Games si apre all’idea di una rivoluzione imminente che era già tangibile nei minuti finali del secondo capitolo, La Ragazza di Fuoco, distribuito lo scorso Novembre 2013. E durante queste due ore ci si concentra unicamente su un discorso comunque interessante e giustificato di guerra mediatica tra Katniss a favore dei ribelli e Peeta pedina di Capitol City, quindi poi direttamente Donald Sutherland (Novecento, La migliore offerta).
Interessante è la messa in scena, impegnata e visibile la forza del cast, eppure viene raccontato qualcosa estendendolo a due ore che facilmente si sarebbe potuto raccontare anche in una, se non addirittura in meno. Un’intera pellicola che serve semplicemente ad “allungare il brodo” per un ultimo capitolo inevitabilmente esplosivo ed action dove le (tante) parole dette nei due precedenti arriveranno finalmente ad una conclusione.
Chi scrive misconosce assolutamente i testi della Collins eppure, per quanto attratto dai temi del primo episodi, si sente qui semplicemente annoiato e preso in giro da un regista ed una casa di produzione che non hanno pensato per nulla al peso ed il ritmo del testo quanto solo ed esclusivamente al caso mediatico e produttivo, quindi poi di marketing.
Sarebbe bastato un film Hunger Games 3 di una durata superiore per raccontare una trilogia dalle tematiche interessanti, partite più che bene nel primo capitolo di Gary Ross, ripetitiva eppure interessante ed affascinante anche nel secondo capitolo di Francis Lawrence e adesso stanca, annoiata persino nella figura della stessa Katniss, forza unica dell’intera opera grazie anche al talento della Lawrence e alla forza del personaggio in sede di scrittura.
Gli incassi sono assicurati e si aspetterà comunque il capitolo finale, ma questo gioco produttivo stanca sempre più se dietro non ci sono basi solide e motivazioni reali nella scelta di una divisione in due parti piuttosto che un’unica e sola.