Serie TV: “Boardwalk Empire” (episodio 1) di Martin Scorsese

Perfetto, questa settimana ero indeciso fra almeno 3-4 film ed è andata a finire che non ne ho visto nemmeno uno. Scusatemi, la prossima farò i compiti. Però vorrei approfittarne per fare una digressione sul versante televisivo che forse non è del tutto fuori luogo affrontare qui su Cinemio: parlo infatti di “Boardwalk Empire”, la serie che sta andando in onda negli Usa su HBO e che è prodotta da – rullo di tamburi – mister Martin Scorsese.

E non solo. Il regista di Taxi Driver, Toro Scatenato, Quei Bravi Ragazzi etc. non si è limitato a produrre: ma ha diretto in prima persona l’episodio pilota, che entra così a far parte della sua filmografia. Di televisivo, infatti, “Boardwalk Empire” ha soltanto la destinazione: per il resto il budget, lo spessore e l’impegno dei nomi coinvolti, sono decisamente di tipo cinematografico.

boardwalk-empire

Ma parliamo di questo primo episodio, ancora inedito in Italia. L’ambientazione è quanto di più scorsesiano si possa immaginare: siamo ad Atlantic City (New Jersey) nel 1920, all’inizio di un’epoca tragica come il proibizionismo americano, quando l’alcol gira clandestinamente ed i contrabbandieri si arricchiscono: è l’habitat perfetto perché la mafia e possa prosperare. Oltre alla mafia prospera la carriera politica del protagonista, Enouch Thompson detto “Nucky”, interpretato da un M-A-G-I-S-T-R-A-L-E Steve Buscemi; un abile ipocrita capace di prendere applausi ai raduni dei benpensanti, ed al tempo stesso di tenere le mani in pasta su tutti i più loschi traffici che avvengono in città (per ognuno dei quali prende laute tangenti).

Proprio alla vigilia dell’entrata in vigore del proibizionismo, Nucky spiega ai suoi (chiamiamoli così) “soci” le modalità dei loro prossimi (chiamiamoli così) “affari”. Ovviamente l’altra faccia del loro fare soldi è la violenza dilagante: ci sono molti momenti violenti in questo episodio, ma ancora più estrema è la brutalità psicologica che viene rappresentata da Scorsese. Non solo le vite umane hanno pochissimo valore, ma non c’è nemmeno molto spazio per la dignità individuale; per non parlare di quella del corpo femminile, che attraversa ogni possibile forma di umiliazione (se non si prostituisce viene mantenuto, e se ha famiglia viene picchiato).

Il risultato, come prevedibile, è spettacolare: e la gran classe di Scorsese si sente decisamente più a suo agio qui che nell’ultimo film del regista, “Shutter Island” (che non senza perplessità avevo recensito su Cinemio a suo tempo).

2 Comments

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *