Nella prima parte dell’incontro con gli autori della graphic novel tratta da Alice in Wonderland, lo sceneggiatore ha raccontato il suo modo di lavorare: ovvero come, partendo dalla sceneggiatura cinematografica (e senza aver ancora visto il film, che era a sua volta in fase di realizzazione) ha ottenuto la sceneggiatura del fumetto.
L’illustratore
Adesso inizia la seconda fase, quella in cui l’illustratore (Massimo Narciso) traduce le indicazioni scritte in immagini (in bianco e nero). E qui in realtà comincia anche il lavoro più lungo: dove il problema non è tanto l’atto di disegnare in sé, perché per un disegnatore professionista quello è un gesto quasi automatico (e molto rapido). Difficile, piuttosto, è immaginare la forma che ogni scena dovrà avere, decidere come verrà presentata. Ad esempio se nella sceneggiatura c’è scritto che “Alice cade nel buco”, non sappiamo ancora “come” cade: scivolando sulla mano destra o su quella sinistra? A testa in giù o a testa in su? E noi la vediamo dall’alto o dal basso? Possono sembrare in sé domande banali, ma le variabili possibili sono praticamente infinite.
Su una cosa però l’illustratore ha insistito molto: “Non è un lavoro artistico, ma tecnico. E’ come la matematica!”. Sarà, comunque comprendere la dimostrazione di un teorema mi sarebbe stato più ostico che assistere all’esecuzione pratica fatta da Massimo: che ha realizzato un’intera tavola – quella di Alice che cade, appunto – sotto i nostri occhi. Da notare che l’intero procedimento si compie interamente al computer, con una “matita digitale” ed una tavoletta grafica. Dapprima ha fatto uno schizzo per abbozzare le forme, poi l’ha semicancellato (è ciò che tecnicamente si chiama “clean up”), ed infine sull’ombra dello schizzo precedente è passato a rifinire i singoli dettagli.
La colorazione
Ed eccoci arrivati alla terza ed ultima fase: ultima in ordine di tempo, ma anch’essa molto importante. Come ha spiegato infatti la coloratrice di “Alice In Wonderland”, Marieke Ferrari, questa impiega grosso modo lo stesso tempo del disegnatore: un giorno a tavola.
Anche in questo caso si fa tutto al computer, utilizzando Photoshop, ed anche in questo caso Marieke ci ha fornito una dimostrazione pratica. Prima ha riempito le forme con tinte piatte, colorando ogni spazio come se fosse in esterno giorno: questo perché le tonalità di colore devono rimanere costanti durante l’intera opera. In seguito (sempre elettronicamente) ha applicato i filtri dove necessario, ad esempio per farci vedere come si ottiene un effetto notturno.
Inoltre spetta sempre alla coloratrice disegnare ogni balloon, ovvero la tipica “nuvoletta” fumettistica e riempirla con i dialoghi: a questo scopo, il disegnatore aveva già calcolato gli spazi da lasciare vuoti per lei.
C’è da dire che Massimo e Marieke hanno realizzato un’intera tavola, sotto i nostri occhi, con incredibile rapidità. Giustamente uno dei bambini presenti (la sala ne era piena, anzi io ero uno dei pochi over-12) ha chiesto: “Ma se per disegnare le tavole ci vuole un giorno, perché qui ci avete messo dieci minuti?”.
Il punto sta proprio in quanto diceva prima il realizzatore: difficile e laborioso non è tanto disegnare, quanto pensare l’inquadratura. In questo caso hanno semplicemente ripetuto qualcosa su cui avevano già lavorato, e dunque mancava soltanto il gesto (poco più che meccanico) di metterlo sulla tavola.
Ho deciso, dopo la tua dettagliata descrizione, voglio cambiare lavoro, mi metto a fare la coloratrice (che da quanto ho capito sono tutte donne),sarà un pò tardi? Cmq a parte gli scherzi davvero molto interessante soprattutto il concetto di pensare l’inquadratura che a me sembra molto creativo e per niente tecnico, ma in questo io sono un’ignorantona…