Cinemio incontra i registi emergenti: intervista a Vito Palmieri

Seguire tre bambini e le loro famiglie, uno del nord, uno del centro e uno del sud, poco prima di partecipare allo Zecchino d’Oro. E’ quello che ha pensato di fare Vito Palmieri nel suo documentario Il valzer dello Zecchino – Viaggio in Italia a tre tempi. Ne parliamo con lui in questa intervista.

Vito Palmieri si è laureato nel 2004 in Filmologia al Dams di Bologna. Nel 2006, con Tana libera tutti è stato candidato ai David di Donatello e si è aggiudicato oltre cinquanta riconoscimenti, tra cui il premio della giuria al Festival Arcipelago nel 2007 e un premio al festival di Novosibirsk in Russia. Seguono Se ci dobbiamo andare, andiamoci (2009), presentato al festival Human Rights di Bologna, ed Eclissi di fine stagione (2010), selezionato al Giffoni Film Festival, nella sezione Diritti umani.

Nel 2010 gira il documentario Il valzer dello Zecchino – Viaggio in Italia a tre tempi (2011) che partecipa al Bif&st, alla rassegna Italia Vera, al Winter Film Festival in Uruguay, al Festival Annecy Cinema Italien in Francia e vince il primo premio al Molise Cinema Festival e il premio della giuria al Festival Internazionale Arcipelago nel 2011.

Vito Palmieri è stato anche aiuto regista di Daniele Gangemi per Una notte blu cobalto (2009) e di Pippo Mezzapesa per L’altra metà (2010), il cortometraggio della seconda edizione del progetto PerFiducia.

Il valzer dello Zecchino

Tre bambini, uno del nord, uno del centro e una bimba del sud Italia, si preparano a partecipare allo Zecchino d’Oro e Vito Palmieri li segue nella vita di tutti i giorni delle loro famiglie cercando di analizzare quanto un concorso canoro di quel calibro possa influire su di loro.

Con sguardo attento ma riservato entra nelle loro case, chiacchiera con i genitori, i fratelli, i nonni e gli amici svelando le personalità e le difficoltà che ogni giorno questi bimbi devono affrontare ed il valore che ognuno di loro dà al concorso.

Originale l’idea di sceglierli così geograficamente distanti tra loro, un modo per ‘raccontare l’Italia‘, come dice lo stesso regista, mostrando cosa ci accomuna e cosa invece ci distingue. La manifestazione si vedrà solo nei titoli di coda perchè in fondo, come si dice, l’importante non è vincere ma prepararsi adeguatamente e partecipare.

Le domande al regista

Ciao Vito, e grazie per aver accettato di rispondere alle mie domande. Il tema del documentario è molto originale. Come sei arrivato a questa idea?

Anni fa vivevo vicino all’Antoniano di Bologna. A settembre vedevo tantissime famiglie che accompagnavano i loro figli alle selezioni finali dello Zecchino d’Oro. Ogni giorno c’erano persone provenienti da diverse parti d’Italia e mi sono incuriosito. Ho pensato così di seguire una famiglia del nord, del centro e del sud in finale alla gara per raccontare l’Italia di oggi.

Quali sono state le maggiori difficoltà che hai incontrato? Non dev’essere stato facile, ad esempio, seguire tre famiglie di tre zone diverse dell’Italia.

Inizialmente ho seguito tutte e tre le famiglie per conoscerle e cogliere ciò che di loro mi sarebbe piaciuto raccontare. In seguito, avendo scelto di seguirle durante la settimana immediatamente precedente alla finale a Bologna, sono stato a contatto diretto con la famiglia del nord mentre le altre due famiglie sono state seguite da altre unità con cui mi sentivo ogni giorno e in cui ho riposto grande fiducia.

Dunque la difficoltà di non poter essere presente contempoaraneamente nelle tre famiglie è stata superata.

Com’è avvenuta la scelta dei tre bambini? E com’è stato lavorare con loro e con i loro genitori?

La prima scelta è avvenuta in base alla loro provenienza geografica. Durante le selezioni dello Zecchino a settembre sono andato all’Antoniano ogni giorno perché le famiglie erano numerose e volevo conoscerle bene, non è stato facile eleggere le tre del documentario. La scelta è così ricaduta sulle famiglie che si sono dimostrate disponibili ad aprire le loro porte e che mi avevano colpito per le loro diversità.

Lavorare con loro è stata una bellissima esperienza molto stimolante. Hanno accolto me e miei operatori come se fossimo della famiglia con grande generosità e non hanno mutato il loro modo di vivere davanti alla presenza della nostra macchina da presa.

Hai degli aneddoti divertenti da raccontarci?

A dire il vero non ne ho. Ci sono stati dei momenti molto piacevoli e divertenti che ho trascorso con le famiglie ma che nel documentario non sono presenti.

Quali sono i tuoi progetti futuri? C’è un lungometraggio del cassetto?

Ho diversi soggetti che vorrei trasformare in un lungometraggio. Attualmente sto lavorando a un progetto che racconta una storia simile a ciò che si coglie nel documentario. Mi piacerebbe raccontare la vita di una bambina prodigio il cui padre fa di tutto per farla diventare una piccola star.

Il regista Vito Palmieri

Arrivata al termine di questa interessante intervista faccio a Vito Palmieri un grande in bocca al lupo in attesa di veder realizzato il progetto che gli sta a cuore.

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