Al regista di oggi, Michele Torbidoni sono arrivata grazie a Roberto De Feo, vecchia conoscenza di cinemio (è infatti, insieme a Vito Palumbo, il regista di ICE SCREAM), che ha parlato sul suo blog del corto La cosa in cima alle scale. Incuriosita, ho quindi contattato Michele, ho visto il suo corto e…
Michele Torbidoni è un apprezzato UI Designer con, nel cuore, la passione per il cinema. Dopo aver frequentato il Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma nel corso di Regia (insieme ad Eros Puglielli, Salvatore Mereu, Stefania Rocca e Irene Ferri), ha realizzato The Net, un cortometraggio di fantascienza che ha ricevuto numerosi riconoscimenti.
Con La cosa in cima alle scale, nato grazie ad una serie di fortunati eventi, ritorna alla sua passione.
La cosa in cima alle scale
Pietro, giovane tecnico informatico, durante un viaggio di lavoro, perde il volo di rientro e decide di approfittare per tornare nella sua casa d’infanzia. Entra così nell’abbandonato ristorante di famiglia, facendosi sopraffare dai ricordi. Ma la casa nasconde un orribile segreto che lui aveva dimenticato…
In un crescendo di trepidazione e tensione Michele Torbidoni, attraverso la figura di Pietro, straordinariamente interpretato dall’attore Gianluca D’Ercole, ci accompagna nei luoghi d’infanzia del protagonista. Chi è lo strano ragazzino che Pietro incontra ed insegue? Cosa si nasconde in cima alle scale? Tra realtà, sogni e flashback, ci ritroviamo a condividere la curiosità e la paura di Pietro, a scoprirne i traumi dell’infanzia e, quasi, a spingerlo verso l’epilogo finale.
Un cortometraggio davvero ben fatto che nulla ha, se non la lunghezza, meno di un film a tutti gli effetti. Bella ed intensa la fotografia (di Angelo Stramaglia, lo stesso di Ice Scream e Poppitu, ma anche di tanti altri interessanti lavori), precise e riuscite le musiche, bravissimi tutti i protagonisti, soprattutto il piccolo Alberto Valletta.
Per non parlare poi degli ottimi effetti speciali, raramente presenti nei cortometraggi (e, spesso, anche nei lunghi!). Il corto è da poco in giro, in fase di promozione, per cui consiglio vivamente i lettori di cercarlo e vederlo perchè è assolutamente da non perdere, sicuro prologo di interessanti lavori futuri del regista.
Prima di lasciare la parola a Michele Torbidoni voglio segnalare anche la precisione con cui è stato preparato il DVD del corto. Insieme al film infatti, è possibile visionare tante foto di scena, parti tagliate e un interessante e simpatico video di backstage che spiega, nei dettagli, tutti i retroscena della preparazione, dagli storyboard, alla musica, alla fotografia agli effetti speciali.
Per chi fosse curioso e volesse maggiori dettagli è online il sito del progetto del corto.
Le domande al regista
Il corto, di cui hai scritto la sceneggiatura, è liberamente tratto dalla storia breve “The Thing At The Top Of The Stairs” di Ray Bradbury. Quanto c’è di tuo nella sceneggiatura?
La versione di Bradbury è molto introspettiva e ruota (meravigliosamente) su evocazioni e suggerimenti minimali. Il mio compito è stato quello di renderla decisamente più visiva ed esplicitare alcuni passaggi. Ho visto questo progetto come un’occasione di sperimentare situazioni (dialoghi, scene di massa) con cui non mi ero mai confrontato in precedenza. Per questo motivo ho aggiunto tutto il sottotesto del conflitto familiare.
Come sei arrivato alla scelta dei protagonisti Gianluca D’Ercole, Alberto Valletta, Luigi Moretti e Gaia Benassi? E com’è stato lavorare con loro, in particolare con il piccolo Alberto Valletta?
Il ruolo del protagonista è stato praticamente modellato su Gianluca che avevo visto l’estate precedente in un lungometraggio di produzione locale. L’ho contattato e si è dimostrato da subito superinteressato al progetto. Tramite lui mi ho conosciuto Luigi e Gaia. Ho parlato con entrambi e dopo poco tempo avevo il gruppo quasi completo.
Mancava il ragazzino. Trovarlo è stato complesso sia perché avevo bisogno di qualcuno che potesse ricordare le fattezze del protagonista adulto, sia perché mi serviva un bambino in grado di trasmettere una gamma di emozioni molto complesse. Tramite un’insegnante di recitazione ho conosciuto Alberto e ho capito subito che si trattava della persona giusta.
Sul set è stato incredibile e ho scoperto in prima persona che avere un ragazzino per un ruolo del genere significa modellare i tempi di ripresa su di lui. Infatti i tempi di attenzione si riducono drasticamente e bisogna essere bravi a “cogliere l’attimo” nel più breve periodo possibile.
Com’è andata la fase di preparazione del corto? So, per esempio, che per riunire il cast tecnico avete attivato un portale collaborativo web e che avete fatto uso di storyboard molto dettagliati. Vuoi parlarcene?
Al progetto hanno partecipato molte figure che vivono in zone distanti tra loro (Ancona, Pesaro, Milano, Genova, Roma, Madrid) ed è stato vitale trovare un modo per collaborare evitando di incontrarsi di persona troppo spesso.
A questo scopo ho realizzato uno storyboard preciso shot-by-shot di tutto il progetto e poi abbiamo reso disponibili online tutte le inquadrature e i piani di produzione per condividere task e annotazioni tra i vari membri del cast. Ci siamo basati su Basecamp per il portale collaborativo e su Megaupload per il trasferimento dei file per il compositing.
Per la sequenza del mostro che dura un paio di minuti abbiamo trasferito 42Gb (!) di materiale tra Ancona, Madrid e Milano.
Hai già mostrato al pubblico il tuo corto? Qual è stato il riscontro che ha ottenuto? Hai in mente di portarlo in giro per i festival?
Il corto è stato presentato il 16 Dicembre presso il Cinema Diana a Jesi (AN). Ovviamente la platea era composta di collaboratori e amici quindi, si, parecchio di parte. Ma più che i complimenti e gli applausi, mi ha colpito vedere la platea sinceramente rapita e trasportata, per i venti minuti del corto, in un altro mondo. Che meraviglia!
Ora è arrivato il momento della “promozione” del progetto e quindi sto spedendolo il filmato un po’ ovunque … dalla “Sagra del Tortello” a “Cannes”! 🙂
Quali sono i tuoi progetti futuri? Un lungometraggio nel cassetto?
Beh dai, ovvio! 🙂 Sono convinto, e in questo mi rendo conto di essere un po’ provinciale, che un cortometraggio non abbia tutta questa gran dignità in se. E sempre qualcosa che viene realizzato per rappresentare “un ponte”, una specie di dimostrazione utile per acquisire credibilità e fare altro. E questo “altro”, anche nel mio caso, è un lungometraggio. Siamo ormai alla terza stesura e sono davvero emozionato e soddisfatto.
Il mio problema è che, ahimè, non solo non so scrivere commedie (genere decisamente più vendibile in Italia), ma non so nemmeno pensare a storie intimiste. Nei miei sogni ci sono esplosioni e sequenze d’azione. Ma è anche vero che con questo cortometraggio ho scoperto che è possibile realizzare prodotti (percepiti come) di qualità ottimizzando al massimo i costi e svincolandosi da contesti produttivi tradizionali.
Ringrazio Michele Torbidoni per la disponibilità con la promessa di continuare a seguire gli sviluppi di questo interessante cortometraggio.