Secondo appuntamento con i film in concorso al Sudestival 2013. Da oggi e per gli appuntamenti successivi c’è una novità. Oltre all’intervista al regista ci sarà una piccola recensione di uno dei ragazzi che compone la Giuria dei Giovani.
photo credits: Sudestival 2013
Mario Balsamo è regista documentarista (nella sua carriera ha girato ben 18 documentari) ma è anche scrittore e docente alla Scuola del documentario di Napoli. Oltre a documentari è autore di cortometraggi, videoclip e pubblicità progresso (l’ultima per le Nazioni Unite). Noi non siamo come James Bond è il suo ultimo lavoro, scritto a quattro mani con l’amico Guido Gabrielli.
Noi non siamo come James Bond
di Giuseppe Rizzi
Noi non siamo come James Bond è un docu-road movie dalla profonda umanità. Avvalendosi di una sagace cornice allegorica, quale il viaggio che il documentarista Mario Balsamo e il suo amico Guido Gabrielli compiono alla ricerca di Sean Connery – emblema del famoso agente 007, mito intramontabile dell’uomo immortale che non conosce mai sconfitta e che in maniera audace riesce a superare ogni difficoltà -, i due protagonisti ripercorrono l’esperienza che li ha accomunati: la malattia.
Il forte desiderio di tornare a vivere dopo aver quasi conosciuto la morte è in loro contrapposto alle difficoltà fisiche e psicologiche di riprendere tra le mani il timone della propria vita. Fotogrammi di vita e di anima nuda. Un film delicato e intimo, ricco di preziosa realtà e sincerità assoluta.
Le domande al regista
Ciao Mario e benvenuto su cinemio. Parliamo di ‘Noi non siamo come James Bond’. Il tema della malattia non è molto gettonato nel cinema, ancor di più se proviene da un’esperienza personale. Come mai questa scelta?
Perché l’unica cosa che so fare è quella di raccontare delle storie. In questo caso era una storia capitata a me, un tumore, e io non sapevo come affrontare questa montagna che ti trovi davanti con una malattia del genere. Così ho pensato di ‘metterla in scena‘, di mettermi in scena. Ma avevo bisogno di una guida, di qualcuno che mi aiutasse a trovare delle risposte. Nessuno era più adatto a ricoprire tale ruolo del mio migliore amico Guido, che anni prima di me aveva affrontato una forma di leucemia molto grave.
Il soggetto è a quattro mani con il tuo amico Guido Gabrielli ed insieme siete anche protagonisti del documentario. Com’è andata durante le riprese? Come vi siete suddivisi il lavoro? C’è qualche aneddoto che puoi raccontarci?
Abbiamo concepito il film come un’improvvisazione jazzistica. Uno dei due lanciava un tema, e l’altro vi infilava i propri argomenti, e gli ‘a solo’ così si rincorrevano: a volte con i timbri dell’ironia, altre volte con una profondità spiazzante. Le scene erano pensate da me, poi, ‘sul campo’, alcune Guido le ha volute realizzare, altre (poche!) no, ma proponendo sempre, in quest’ultimo caso, un’alternativa altrettanto forte. Come girarle e come visualizzare la storia è spettato invece a me, in quanto regista.
E a me è spettata anche la selezione del girato per il montaggio, insieme naturalmente ai due bravissimi montatori Benni Atria e Tommaso Orbi. Con l’approvazione finale di Guido!
Ed ecco, l’aneddoto. Guido è tifosissimo della squadra di calcio della Roma. Poco prima di girare la scena in cui noi balliamo in una balera, lui era incollato al televisore perché la Roma giocava contro l’Udinese. Io ero terrorizzato che la partita andasse male per la squadra capitolina perché questo avrebbe significato una scena in cui Guido avrebbe riversato il malanimo della sconfitta. Per fortuna il Dio del documentario mi è venuto in soccorso e negli ultimi minuti la Roma ha segnato, vincendo il confronto! La scena è venuta benissimo!
La colonna sonora è di Teho Teardo, noto musicista di film e documentari. Come mai questa scelta? E come ha collaborato con voi per la stesura della colonna sonora?
Teho si è appassionato al progetto dopo aver visto un premontato del film. E io sapevo che lui avrebbe dato un’ulteriore intensità emotiva e profondità a Noi non siamo come James Bond, attraverso le sue note dense e coinvolgenti. Abbiamo fatto alcune sessions in cui lui, nel suo studio, mandava le immagini e mi faceva sentire cosa gli era venuto in mente. E’ stato molto stimolante interagire con lui, perché è come se la storia mia e di Guido fosse divenata uno spartito musicale.
Ad onor del vero, ho utilizzato nel film anche qualche altro brano non di Teho, ma di sicuro molto coinvolgente: Strolling di uno straordinario chitarrista scozzese, Alex Gillan; Lupo di un brillantissimo musicista e produttore musicale Vittorio Cosma; e, dulcis in fundo, le liberisssime reinterpretazioni del tema di Bond fatte da Guido alla chitarra… Ah, e suo è anche il brano dei titoli di coda, Two friend, che non poteva chiudere meglio il film.
Il documentario ha partecipato a molti festival e ha vinto il premio speciale della giuria al TFF. qual è stato il riscontro di pubblico e critica? Quali sono stati i complimenti più belli che avete ricevuto?
La sensazione prevalente è che il pubblico che vede il film se ne impossessa. E’ molto significativo ed emozionante che ciò accada: lo spettatore lo fa suo; è come se Noi non siamo come James Bond diventasse un film ‘partecipato’, realizzato da tutti coloro che lo vedono! Genera un’empatia tanto forte che al pubblico viene voglia di portarselo a casa, come fosse un nuovo amico con cui scambiare due chiacchiere sulla vita, a cui chiedere qualche consiglio…
Il film ha partecipato al Sudestival e venerdì 1 febbraio c’è stata la doppia proiezione. Quali sono state le tue impressioni sul pubblico e sul festival in generale?
Un pubblico molto attento, preparato e assai accogliente. Noi non siamo come James Bond è un film intimo, in cui Guido e io ci mettiamo a nudo. Gli spettatori del Sudestival ne hanno capito, anzi, ne hanno sentito del tutto questa natura delicata, da accarezzare, quasi da proteggere. Ne ho ricavato una sensazione forte e appagante, testimoniata anche dalle domande che mi sono state fatte subito dopo la proiezione. Lasciatemelo dire: con un pubblico così di qualità, e con la quantità di presenze alle due proiezioni, si ha la convinzione che il cinema d’autore non viva per nulla un momento di crisi.
E ora parliamo un po’ di te. Durante la tua carriera hai girato prevalentemente documentari. Come dimostra anche la proiezione al Sudestival, sembra che finalmente anche al cinema si stia dando più spazio al genere documentario. Qual è la tua opinione a riguardo?
Che finalmente e sempre di più si sta sdoganando il cinema documentario, che in Italia e nel mondo, sta mostrando una grandissima vitalità e una dirompente forza innovativa. Dirò di più: sono convinto che il documentario sia, ormai in modo inestricabile, fuso con il cinema di finzione. Non sono più tempi in cui si possa raccontare una sola realtà; si raccontano le tante realtà ‘liquide’ di questa società (per citare un grande pensatore) e vedo che la malleabilità, la creatività di soluzioni, la danza con il reale, l’imprevedibilità che il documentario sa generare è una modalità irresitibile di racconto, e assai calzante.
Quali sono i tuoi progetti futuri? Un nuovo documentario nel cassetto?
Adesso, per la prima volta, sto cominciando a percorrere la strada di una sceneggiatura di finzione. E’ una esperienza nuova e totalizzante. Ma dentro vi metterò, miscelandolo, tutta il mio bagaglio di documentarista, di narratore del reale.
Ringrazio Mario Balsamo a nome di tutta la redazione di cinemio per la sua disponibilità e dò appuntamento ai nostri lettori alla prossima settimana per una nuova interessante intervista.
Continua a leggere lo speciale Sudestival 2013 con l’intervista a Maddalena De Panfilis o ritorna all’intervista a Lorenzo Vignolo.