Per la rubrica dei registi emergenti intervistiamo oggi Giovanni Aloisio autore de La signora delle dodici notti un corto horror che si ispira alla filmografia di Dario Argento.
La signora delle dodici notti
Omaggiandolo esplicitamente sin dal titolo del suo lavoro d’esordio, Giovanni Aloisio ricompone con uno studio d’inquadrature minuzioso e attento la figura della Befana collocandola all’interno di un’opera che facilmente ci ricorda il miglior Dario Argento, in quei film come Profondo Rosso dove tutto era finalizzato a confluire sulla composizione dell’immagine e lo spettatore doveva essere sempre attento, scrupoloso e sveglio tanto quanto colui che aveva composto il puzzle. Lavorando come in un’opera muta, lasciando tutto nella mani del giovane protagonista e rallentando il tempo a favore di una presa sonora giustamente ingombrante quanto cadenzata, Aloisio firma una piccola opera che non ha paura di dimostrarsi anche figlia delle fiabe dark di Guillermo Del Toro.
Giovanni Aloisio è un artista a tutto tondo: giornalista, critico, musicista e, ovviamente, regista. La signora delle dodici notti è il suo ultimo cortometraggio.
L’intervista al regista Giovanni Aloisio
Ciao Giovanni, benvenuto su cinemio. Da dove parte l’idea di questo cortometraggio e perché scegliere il personaggio della Befana?
L’idea è partita da un racconto tratto dalla mia raccolta “Ai margini dell’orrore” che sviluppava l’idea della Befana, figura ben radicata nell’immaginario infantile, del suo essere strega e fata al tempo stesso, del suo aspetto orribile (chi da piccolo non ha provato un brivido al pensiero di una vecchia strega che si introduce in casa propria durante la notte?) e della sua incredibile generosità nel distribuire doni ai bambini. Era l’ambiguità di questa figura fantastica e tipica della nostra tradizione, nonché il tema del ‘doppio’ più in generale, ad interessarmi. Trasformarla in un’icona-horror è stato davvero molto interessante.
Quali registi hanno ispirato il tuo lavoro e perché?
In primis Dario Argento. Se non fosse stato per lui, i suoi consigli e il suo personale incoraggiamento questo cortometraggio non sarebbe mai stato realizzato. L’idea di una Befana giovane, moderna, quasi sensuale mi è “arrivata” dal suo grande intuito (non a caso anche le streghe de ‘La Terza Madre’ avevano un ‘look’ molto moderno) e tutta la sua filmografia è un continuo punto di riferimento per me. Argento è unico, ha creato un suo stile, ha contaminato un genere facendolo proprio: il mio approccio al suo cinema non è imitativo (di Argento ce n’è uno solo!) ma “ispirativo”, quasi un solido punto di partenza per poter esplorare e sviluppare nuovi percorsi. Oltre ad Argento i miei punti di riferimento per il fantastico sono George A. Romero e John Carpenter. Ma, in generale, adoro anche il cinema di Sergio Leone, un altro regista che ha metabolizzato un genere – il western – riuscendo a riproporlo in modo nuovo e originale.
Che peso ha avuto la collaborazione musicale con Agostino Marangolo, storico batterista dei Goblin?
Un peso determinante. Il mio rapporto con Agostino Marangolo, uno dei più grandi musicisti viventi, non lo definirei semplicemente professionale. Abbiamo scritto un libro insieme (Drummando: da Roma a Parigi quarant’anni di musica italiana) e ne è nata un’amicizia fraterna. E lui me lo ha concretamente dimostrato permettendomi di utilizzare, grazie a Fabio Pignatelli e alla formazione dei Goblin Rebirth, due fantastici brani inediti per la colonna sonora. Questo score si è talmente fuso con le immagini che sarebbe inimmaginabile pensare a La signora delle dodici notti, senza quelle musiche, quei suoni, quelle particolari atmosfere sonore. E se questo mio lavoro sta girando nei festival di tutto il mondo ricevendo molti consensi, lo devo anche alle musiche e alla notorietà che i Goblin nutrono all’estero.
Qual è il tuo rapporto con il cinema e la regia di Dario Argento?
Quando da piccolo, vidi per la prima volta Profondo rosso, introducendomi di nascosto in una vecchia sala cinematografica, rimasi incantato, affascinato, rapito da quelle immagini, da quella regia così rivoluzionaria e innovativa. Fu allora che decisi che, prima o poi, avrei fatto il regista. In realtà poi mi sono occupato per anni di critica cinematografica (attività che continuo a portare avanti ancor oggi), ma il destino ha voluto che riuscissi a conoscere personalmente Argento fino ad arrivare ad occuparmi del suo seguitissimo sito ufficiale. Per me Argento non è solo un maestro, ma un continuo punto di riferimento.
Com’è stato lavorare con il giovane attore protagonista della tua storia, Antonio Candalice?
Antonio ha una sicurezza, una padronanza della scena ed una capacità interpretativa strabilianti. Non ha mai sbagliato una battuta ed ha rispettato i tempi di ripresa in modo impeccabile. Suo padre, tra l’altro, è stato il protagonista del mio primo cortometraggio amatoriale girato nel 1977. Una curiosa coincidenza… Lavorare con Antonio è stata una bellissima esperienza che ripeteremo con il mio prossimo progetto.
Com’è andata durante le riprese? Ci sono state delle difficoltà?
Le riprese si sono svolte, come previsto, in tre giorni. Non ci sono stati grossi problemi e siamo riusciti a rispettare i tempi anche perché tutto era stato pianificato in modo perfetto. L’unica difficoltà è stata determinata dalle bassissime temperature incontrate, che hanno costretto il povero Antonio, che doveva indossare un pigiama leggero, a recitare all’aperto, a quasi zero gradi.
Se potessi scegliere di fare un lungometraggio di quest’opera come amplieresti la trama?
Quest’opera nasce come lungometraggio. Nel senso che esiste un trattamento molto più lungo e articolato, con altri personaggi e situazioni che ho dovuto chiaramente sacrificare. La difficoltà è stata proprio quella di stralciare una parte del racconto e di dargli una forma compiuta. Ma il finale aperto lascia presagire possibili futuri sviluppi.
Per concludere uno sguardo al futuro. C’è già un nuovo progetto nel cassetto?
Ci sono ben due progetti. Un nuovo corto dal titolo Phantasma che girerò a giugno probabilmente in lingua spagnola. Sarà ambientato in una scuola di danza ed è un horror un po’ romantico, a metà strada fra Il Fantasma dell’opera e Il cigno nero. L’altro è un lungometraggio Giallo negli occhi di cui esiste già un trailer online; ora è in attesa di una risposta definitiva da parte di una casa di produzione romana che si è dichiarata interessata a finanziare il progetto. Sarà un thriller molto particolare, perché ambientato in un campo nomadi. Un’apertura dell’estetica del giallo al mondo e al cinema sociale che rappresenta, per certi versi, una vera e propria sfida: un progetto molto ambizioso che spero, prima o poi, di poter realizzare.
Ringrazio Giovanni Aloisio della disponibilità e gli faccio un grande in bocca al lupo per i suoi progetti futuri.