Nell’attesa di guardarmi “La Nostra Vita” (e per la verità, non è che sto morendo dalla voglia) in questi giorni il vero spettacolo del film di Luchetti è offerto dall’accapigliamento fra critici cinematografici, blogger e commentatori vari che dicono la loro. Dunque prendiamo i popcorn, mettiamoci comodi e godiamoci questo crescendo di stroncature e contro-stroncature.
Il 21 maggio aveva cominciato il mio preferito, Giovane Cinefilo, ad esprimere parecchie perplessità su un film considerato non proprio “malriuscito”, ma “irrilevante” (che per certi versi, è anche peggio):
“[…] Il problema non sta tanto nell’Italia che Luchetti racconta, guardata da una distanza tale da rivelare da una parte la non appartenenza di Luchetti a questo mondo e dall’altra un sincero interesse, quasi etnografico (che fa il paio con l’ultimo Soldini, in qualche modo), ma sta semmai nella semplificazione con cui si esplicita il giudizio. Insomma, se è molto interessante il fatto che il punto sul nostro paese sia messo in bocca a stranieri, lo è decisamente meno che sia cristallizzato in frasi di dialogo. Che tornano a ondate: ‘voi italiani siete fissati con i soldi’, ed ecco a voi il tema del film, e se qualcuno avesse dei dubbi lo ripetiamo un’altra volta, e un’altra ancora. No, grazie”.
Ma il bello arriva qualche giorno fa, quando Goffredo Fofi su l’Unità tira fuori tutta la cattiveria di cui è capace per massacrare il povero Daniele Luchetti senza lasciargli scampo.
Dopo avere iniziato dicendo che il regista è uno che cambia stile da un film all’altro – restando sempre imitativo e senza mai un’intima necessità – Fofi inchioda “La nostra vita” alle sue responsabilità politiche, essendo evidentemente rivolto ad un pubblico “di sinistra”. Gli autori del film infatti
“… Hanno soprattutto in mente la necessità di piacere e non certo quella, che sarebbe ben più lodevole, di dispiacere a quel pubblico, e cioè di provocarlo e metterlo in crisi costringendolo a guardarsi allo specchio e a pensare, a ragionare sulle sue contraddizioni. Se a tratti lo fanno – e allora è la parte didascalica a essere la più pregevole del loro lavoro, come in La nostra vita accade con la narrazione-dimostrazione del funzionamento di un’economia a partire dall’edilizia, della contiguità tra economia “legale” ed economia criminale – “impacchettano” questa chiarezza dentro una serie di convenzioni, dentro un prima e un dopo forsennatamente sentimentali”.
Non è finita. Proprio oggi è arrivata la polemica interna, perché il giornalista/blogger Leonardo ha pubblicato – sempre su l’Unità – una lettera aperta ad un “Caro critico di sinistra…” in risposta alla stroncatura di Fofi. E Leonardo, appunto, non solo difende il film ma infligge al “caro critico” una serie di ceffoni abbastanza ben calibrati. Prima lo punzecchia per non avere colto il fatto che il protagonista (come i personaggi di Brecht) sia capace di imparare dai propri errori; e poi osserva che ad un film così “straziante e cattivo” mancava solo “una bella stroncatura” da parte di qualche critico famoso per metterlo al centro dell’attenzione, facendolo uscire dalla solita cerchia di appassionati. Leonardo conclude dunque ringraziando Fofi per avere provveduto.
Tutto lascia pensare che gli strascichi polemici continueranno ancora, e questa battaglia di ingegni non può che giovare: anche le stroncature, in fondo, sono attestati di stima!