“La Fine è il Mio Inizio”, ecco il segno lasciato da Terzani

Tiziano Terzani è uno scrittore toscano del ‘900 che ha affrontato la morte in un modo piuttosto inusuale, ma insolitamente sereno.

Questo film ci descrive gli ultimi momenti di vita dello scrittore ed è impreziosito dalla presenza di un attore che personalmente apprezzo parecchio, ossia Elio Germano oltre che Bruno Ganz, Erika Pluhar e Andrea Osvart.

La fine è il mio inizio: La recensione del film

di Davide Cinfrignini

locandina ufficiale del film

A causa di un cancro che lo ha costretto a ritirarsi dal suo lavoro, la vita del giornalista e scrittore Tiziano Terzani (Bruno Ganz) sta per finire mentre si è ritirato nella sua casa in Toscana con la moglie (Erika Pluhar).

Terzani decide di convocare il figlio Folco (Elio Germano), che lavora a New York, per raccontargli la sua vita e le sue incredibili esperienze lavorative e spirituali, così da raccogliere i loro dialoghi in un libro che uscirà postumo.
“La fine è il mio inizio” è il film che narra degli ultimi mesi di vita del giornalista e scrittore Tiziano Terzani in compagnia di suo figlio Folco, i dialoghi tra i due hanno dato vita al libro omonimo che ha direttamente ispirato la sceneggiatura del film scritta da Folco Terzani e Ulrich Limmer.

Tiziano Terzani racconta di se stesso e della sua vita attraverso un lunghissimo e inframezzato dialogo con il figlio Folco, nello stesso momento la sua salute è in continuo peggioramento e sta per sopraggiungere la morte.

Tra riflessioni filosofiche, osservazioni politiche e convinzioni spirituali Jo Baier dirige un film che riflette su morte, scelte di vita, comunismo e spiritualità ma con grande difficoltà riesce a discostarsi da un’ analisi conservatrice, buonista e moralista della realtà.

Ecco qui la fotogallery della conferenza stampa in esclusiva per cinemio

Neanche le intepretazioni di due formidabili attori come Bruno Ganz e Elio Germano contribuiscono a risollevare le sorti di una pellicola priva di ritmo che non brilla per originalità e brilantezza dei dialoghi.

Sembra che la sceneggiatura si appoggi fin troppo sulle parole del defunto Terzani, finendo essa stessa per rimanere schiacciata dalla personalità del suo protagonista e bloccando negli autori quel processo creativo che necessariamente deve rendere un film diverso da una raccolta letteraria di dialoghi.

Baier costruisce un meccanismo emotivo che tiene sotto scacco lo spettatore, è infatti chiaramente incombente la morte di Terzani durante lo svilupparsi della vicenda e così si crea una bolla che isola il protagonista dagli altri personaggi: tutte le sue convinzioni, le scelte di vita, le esperienze, invece che finire per essere motivo di riflessione e di conflitto, si configurano come dogmi rivelati da una mente “superiore” che in procinto di incontrare la morte sembra aver capito ogni cosa della vita e dei suoi segreti.

Baier non riesce mai a slegare i suoi personaggi dalla prima impressione a cui sono stati sottoposti all’inizio della pellicola, creando un immobilismo psicologico che unito ad un urticante spiritualismo causano uno scemare progressivo nell’interesse riguardo gli esiti finali del film.

Sei d’accordo con il parere di Davide su questo film?

A te la parola nei commenti qui sotto.

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