1941; l’Italia, alleata della Germania nazista è entrata in guerra da poco più di un anno, esattamente il 10 giugno 1940. Dopo le campagne di Francia e quelle di Grecia ed Albania si chiede all’esercito di partecipare a un’impresa ben più difficile e rischiosa, la campagna di Russia: inizia così Il varco di Federico Ferrone e Michele Manzolini.
Il varco
Con un equipaggiamento non certo adeguato ai rigidi inverni della grande madre Russia, migliaia di soldati italiani partono da ogni dove. Molti di loro non torneranno più.
Il protagonista di questo film di montaggio prodotto dall’istituto Luce, che da sempre documenta la storia nel nostro paese, è un soldato che si trova a partire nel 1941 reduce da una precedente campagna in Africa. Timoroso perché già ha morso la guerra e al tempo stesso speranzoso perché anche lui esaltato dalla propaganda di regime, il milite ritorna con la mente alle fiabe narrate dalla madre di origine russa.
La speranza per una vittoria prossima si spegne via via e man mano che il treno si spinge lungo la sterminata terra ucraina il soldato è vittima della malinconia a cui segue lo sconforto quando il generale Inverno comincia ad affacciarsi lento e spietato.
Nella mente la steppa deserta e glaciale si popola di fantasmi e l’unico obiettivo è poter ritornare a casa per riposare nuovamente in un letto caldo ed accogliente.
Il filo rosso della storia è di finzione ma si ispira alle vicende reali di tanti militi partiti per la Russia e si avvale del ricchissimo materiale di repertorio dell’Istituto Luce. Si passa nelle varie scene dalla partenza dei soldati per iL territorio sovietico ai ricordi della guerra coloniale alternati anche a immagini familiari rassicuranti, ma se all’inizio il racconto scorre asciutto e sereno le immagini e le situazioni si popolano di oscuri fantasmi di pari passo alla contezza che l’impresa russa si sta trasformando in una devastante disfatta.
Non giunge però la pace perché negli stessi territori che hanno visto scorrere il sangue di russi, italiani e tedeschi scorre ora il sangue ucraino perché una nuova guerra, più cieca perché impegna fratelli dello stesso popolo attraversa il territorio dell’Ucraina teatro della campagna di Russia tra il 1941 e il 1943.
Il varco è sicuramente un film ambizioso perché pur essendo una storia di finzione anzichè affidarsi ad attori professionisti e a scene ricostruite si affida invece a immagini di repertorio e materiali che non sempre rincorrono il medesimo filo conduttore.
Interessante però l’utilizzo della voce narrante affidata a Emidio Clementi che funge da flusso di coscienza per catturare il cuore di tenebra che sempre reca con sè ogni conflitto.
Sceneggiato da Wu Ming 2 del celeberrimo collettivo Wu Ming e diretto dai non ancora quarantenni Federico Ferrone (1981) e Michele Manzolini (1980), collaboratori da ormai dodici anni, autori de Il treno va a Mosca, presentato al Torino Film Festival, Il varco è un esempio di cinema d’impegno che coniuga finzione alla storia contemporanea, interessante non solo per i cinefili ma anche per chi ama gli argomenti storici.